Fatti:
A.
A
seguito di una ricerca di mercato avviata in precedenza, nonché di indizi, secondo i quali le imprese
coinvolte avrebbero concluso degli accordi cartellari su prezzi e territori, la Segreteria della Commissione
della concorrenza (di seguito: Segreteria) ha aperto, il 21 novembre 2011, un'inchiesta nei confronti
dei dieci maggiori commercianti all'ingrosso attivi nel campo dei sanitari e dei bagni, tra cui
la X._______ SA (di seguito: ricorrente) nonché contro la rispettiva associazione dirigente (D._______).
L'obiettivo dell'inchiesta era quello di stabilire se sussistessero effettivamente delle
restrizioni illecite in materia di concorrenza.
B.
Secondo
l'esposizione dei fatti della Commissione della concorrenza (v. decisione incidentale del
30 luglio 2014 n. 2), la corrispondenza tra la Segreteria e dieci delle undici parti coinvolte nell'inchiesta
sarebbe avvenuta in lingua tedesca, mentre quella tra la Segreteria e la ricorrente parzialmente in tedesco:
la ricorrente sarebbe stata informata in italiano sulle accuse avanzate nei suoi confronti e le sarebbe
stata concessa la possibilità di porre domande al riguardo.
C.
ln
data 21 maggio 2014 la Segreteria ha sottoposto alle parti per presa di posizione la sua proposta all'attenzione
della Commissione della concorrenza, composta di 417 pagine (di cui 74 di appendice), ed inoltre assegnato
loro un termine per eventualmente chiedere un'audizione e per aderire al modo di procedere in relazione
all'esame degli atti confidenziali.
D.
Con
e-mail del 23 maggio 2014, redatta in italiano, la ricorrente ha chiesto la trasmissione di tutta la
documentazione in lingua italiana, come pure la notifica della proposta della Segreteria in italiano.
E.
Mediante
e-mail in lingua italiana del 27 maggio 2016 la Segreteria ha attirato l'attenzione sul fatto che
la lingua di procedura dell'inchiesta fosse il tedesco, deducendone l'impossibilità
di notificare alla ricorrente la proposta di decisione in italiano.
F.
In
seguito al colloquio telefonico del 27 maggio 2014 tra la ricorrente e la Segreteria, tramite scritto
del 28 maggio 2014, la ricorrente, d'ora in poi rappresentata dal proprio patrocinatore, ha chiesto
alla Segreteria, tra l'altro, di trasmetterle la proposta in lingua italiana e di prorogarle il
termine per l'inoltro della presa di posizione, per la richiesta di un'eventuale audizione
e per dichiarare la propria adesione alla proposta di consultazione degli atti.
G.
Con
scritto del 5 giugno 2014, redatto in lingua italiana, la Segreteria ha respinto la richiesta della ricorrente
volta all'ottenimento della proposta in italiano, indicato la possibilità di presentare domanda
formale per il rilascio di una decisione incidentale impugnabile soggetta a costi e, infine, parzialmente
accolto le richieste di proroga dei termini.
H.
Con
scritto del 16 giugno 2014 la ricorrente ha postulato la notificazione delle circostanze fattuali rimproveratele
come pure delle relative norme giuridiche in lingua italiana, e, in via eventuale, il rilascio di una
decisione impugnabile. In sostanza, la ricorrente si è appellata al fatto che la sua sede si trova
nel Cantone Ticino e perciò di non capire il tedesco. Ella ha invocato il suo diritto costituzionale
di comprendere le accuse che le vengono rimproverate, come pure i motivi per cui viene resa una decisione
che la pregiudica finanziariamente e la sanzioni. Infine, la ricorrente ha invocato anche la violazione
dell'art. 29 cpv. 1 e 2 Cost. e delle garanzie procedurali di cui all'art. 6 della Convenzione
del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU,
RS 0.101).
I.
Con
decisione incidentale del 30 luglio 2014, redatta in italiano, la Commissione della concorrenza (di seguito:
COMCO, autorità inferiore) ha respinto la richiesta della ricorrente di notificarle la proposta
in italiano, eccezion fatta per il dispositivo di quest'ultima, addossando alla ricorrente il 90%
dei costi di procedura. La decisione incidentale non è stata impugnata.
La COMCO ha ritenuto in sintesi come un diritto della
ricorrente alla traduzione completa della proposta non risulti né dalla regolamentazione procedurale
legale, né dalle garanzie costituzionali o derivanti da una convenzione internazionale. La COMCO
ha altresì osservato che la ricorrente era libera di inoltrare la presa di posizione alla proposta
in lingua italiana, nonché, nell'ambito di un procedimento amministrativo dove il tedesco
è designato quale lingua del procedimento, di consultare un avvocato che comprenda l'italiano.
A mente della COMCO vi sarebbero diversi indizi atti ad affermare che la ricorrente comprenda il tedesco.
J.
Con
decisione del 29 giugno 2015, redatta in tedesco e notificata alle parti il 17 marzo 2016, la COMCO ha,
in sintesi, accertato che la maggioranza dei grossisti di impianti sanitari implicati nel cartello, tra
cui la ricorrente, si sarebbe accordata nel periodo dal 1997 al 2001 su componenti di prezzi e fattori
per la determinazione dei prezzi quali margini, prezzi lordi, corsi di cambio con l'euro, costi
per trasporti, ribassi e categorie di sconti. La COMCO ha parimenti stabilito che detti grossisti avrebbero
deciso assieme di non accordare l'accesso ai loro cataloghi a produttori che non hanno voluto vendere
in esclusiva i loro prodotti attraverso il canale di distribuzione di questi grossisti. Questo avrebbe
impedito l'accesso al mercato delle imprese danneggiate da questo comportamento. In sintesi, la
COMCO ha ritenuto che simili pratiche costituissero degli accordi vietati sui prezzi e sulle quantità
e di conseguenza ha vietato alle parti coinvolte di adottarle in futuro (cfr. per i dettagli le cifre
da 1 a 3 del dispositivo). Infine, la COMCO ha inflitto alla ricorrente, per i motivi menzionati, una
multa (...) (cifra 4 del dispositivo).
K.
Contro
la decisione summenzionata la ricorrente è insorta con ricorso del 26 aprile 2016 dinanzi il Tribunale
amministrativo federale, proponendo le seguenti conclusioni:
"I. In via principale
1.
La decisione 29 giugno 2015/17 marzo 2016 della COMCO, prolata nei confronti di X._______ SA, è
annullata per violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost., 29 e 33a
PA).
2.
La decisione incidentale 30 luglio 2014, emessa nei confronti della X._______ SA, è annullata per
violazione del diritto di essere sentito, dei principi costituzionali della parità di trattamento
e del divieto di discriminazione.
3.
L'incarto è ritornato alla COMCO affinché proceda nel pieno rispetto dei citati precetti
costituzionali e dell'art. 33a LPA.
4.
Tutte le tasse e le spese del procedimento e delle citate due decisioni sono assunte dallo Stato.
5.
La Confederazione svizzera e/o la COMCO versa alla X._______ SA l'indennità di CHF......................
a titolo di ripetibili (spese legali). L'importo esatto, che il 26 aprile 2016 ammonta a CHF (...)
verrà quantificato al termine della procedura.
II. In via subordinata
1.
La decisione 29 giugno 2015/17 marzo 2016 e la decisione incidentale 30 luglio 2014 della COMCO, emesse
nei confronti della X._______ SA, sono annullate.
2.
Tutte le tasse e le spese del procedimento e delle citate due decisioni sono assunte dallo Stato.
3.
La Confederazione svizzera e/o la COMCO versa alla X._______ SA l'indennità di CHF......................
a titolo di ripetibili (spese legali). L'importo esatto, che il 26 aprile 2016 ammonta a CHF (...)
verrà quantificato al termine della procedura."
La ricorrente lamenta come le circostanze fattuali su
cui poggerebbero la proposta della Segreteria (di 417 pagine), nonché il dispositivo e le motivazioni
della decisione impugnata (di 718 pagine) sarebbero state notificate unicamente in lingua tedesca senza
essere tradotte in italiano. La ricorrente sostiene di aver sempre dichiarato, nel procedimento in prima
istanza, di essere di madre lingua italiana e di non capire il tedesco. Pertanto, la proposta della Segreteria
come pure le motivazioni alla base della decisione impugnata sarebbero per lei incomprensibili. In questo
modo l'autorità inferiore non l'avrebbe messa nella condizione di capire e prendere
posizione ai rimproveri mossi nei suoi confronti, negandole di difendersi adeguatamente e di poter allestire
il ricorso con cognizione di causa, violando con ciò il suo diritto di essere sentita come pure
il principio della parità delle armi.
La ricorrente evidenzia come la COMCO abbia impiegato
ben nove mesi per allestire e notificare le motivazioni della decisione impugnata, mentre il termine
di ricorso di soli trenta giorni, oltre alle ferie giudiziarie, non sarebbe sufficiente per far tradurre
le motivazioni da un traduttore specializzato.
In aggiunta a ciò, la ricorrente censura l'errata
verbalizzazione dell'interrogatorio dell'11 novembre 2013 del signor A._______, Direttore
e Presidente del Consiglio di amministrazione della ricorrente, tant'è che, a suo avviso,
nemmeno i membri della Segreteria che l'avrebbero interrogato, avrebbero compreso le sue dichiarazioni.
La ricorrente considera che la determinazione della COMCO nella decisione incidentale del 30 luglio 2014
secondo cui lei comprenderebbe il tedesco, oltre a ledere il suo diritto di essere sentita e l'obbligo
dell'autorità a motivare le proprie decisioni, non è fondata, né poggia su alcuna
comprensibile prova e sarebbe quindi completamente errata e contraria alla realtà. Ad esempio, la
ricorrente spiega che quando acquista merce dal fornitore C._______ con sede in Svizzera tedesca, ella
tratta e discute in lingua italiana, ribadendo di non vendere prodotti nella Svizzera tedesca. Inoltre,
la COMCO avrebbe violato i principi costituzionali della parità di trattamento e del divieto di
discriminazione anche nell'addossare alla ricorrente i costi di procedura pari a fr. 3'885.75,
una tassa di giustizia, a suo dire, sproporzionata all'impegno effettivo della COMCO e lesiva anche
del diritto costituzionale di X._______ SA di ottenere la notifica in lingua italiana degli atti determinanti
del procedimento senza alcun aggravio di tasse e/o spese.
A mente della ricorrente, la COMCO avrebbe violato il
suo diritto di essere sentita come pure i principi del divieto di discriminazione e della parità
di trattamento anche con la decisione del 29 giugno 2015, notificata alle parti il 17 marzo 2016, poiché
anch'essa, come la proposta, non sarebbe stata tradotta in italiano, impedendole quindi di metterla
nella condizione di capire le circostanze di fatto che le vengono rimproverate e la portata delle stesse.
Con ciò la COMCO avrebbe violato le garanzie della PA, della Costituzione svizzera e della CEDU.
Non solo la decisione incidentale e la proposta sarebbero generiche e dispersive e non descriverebbero
i fatti determinanti, ma esse conterrebbero innumerevoli atti tutti scritti in lingua tedesca. Inoltre,
la ricorrente si duole che non le sarebbe stato possibile, per motivi tecnici, consultare gli atti procedurali
in forma elettronica.
A titolo abbondanziale, la ricorrente sostiene che la
COMCO, avendo nel 2006 archiviato alcune investigazioni precedenti sul mercato della vendita all'ingrosso
di impianti sanitari senza l'apertura di un'inchiesta formale e concludendo che non vi fossero
indicazioni di violazioni sistematiche della legge sui cartelli, non può retroattivamente decidere
diversamente, in particolare criminalizzando ora il comportamento degli operatori di mercato che avevano
confidato nelle sue decisioni. Un simile atteggiamento sarebbe lesivo del principio della buona fede.
Infine, la ricorrente ribadisce di non aver violato la
legge sui cartelli, in particolare di non aver partecipato ad alcun accordo contrario alla legge, né
di aver avuto conoscenza o di essere stata coinvolta in tali accordi. Dal canto suo la COMCO non avrebbe
dimostrato la presunta e contestata soppressione della concorrenza di cui all'art. 5 cpv. 3 LCart,
né effettuato una ricerca di mercato sulla concorrenza degli "sconti / prezzo netto"
nel settore sanitario. Nella denegata ipotesi che nel caso concreto sussistano accordi illeciti, la ricorrente
sostiene che essi sarebbero giustificati per motivi di efficienza economica (art. 5 cpv. 2 LCart).
L.
Con
ordinanza del 27 aprile 2016 lo scrivente Tribunale ha confermato la ricezione del ricorso e prospettato
l'emanazione di ulteriori decisioni ordinatorie processuali in forma separata.
M.
Mediante
ordinanza dell'11 maggio 2016 lo scrivente Tribunale ha limitato lo scambio di scritti, in via
preliminare, alla questione della lingua della procedura e delle censure circa la violazione al diritto
di essere sentito e dei principi della parità di trattamento, del divieto di discriminazione e dell'art. 33a
PA, invitando la COMCO ad esprimersi dapprima su dette questioni.
N.
Con
presa di posizione del 10 giugno 2016, limitata alla lingua di procedura e alle censure connesse a tale
questione, la COMCO chiede la reiezione del gravame e l'addossamento delle spese alla ricorrente.
Allo stesso modo la COMCO ha prodotto gli atti preliminari su una chiavetta USB, precisando nello scritto
di accompagnamento che si tratta della versione contenente segreti aziendali.
A titolo d'introduzione, la COMCO mantiene integralmente
le motivazioni esposte nella decisione incidentale del 30 luglio 2014, in particolare gli argomenti secondo
cui la redazione in lingua tedesca della proposta del 20 maggio 2014 non viola l'art. 33a
PA, né l'art. 4, 8, 29 e 33 Cost., né l'art. 6 n. 3 CEDU. La medesima
tiene a sottolineare che in fase d'inchiesta lei e la Segreteria, pur avendo definito il tedesco
come lingua di procedura, hanno comunicato con la ricorrente quasi esclusivamente in italiano. La ricorrente
si sarebbe sempre rivolta in italiano alle autorità in materia di concorrenza. Allo stesso modo,
tutti gli interrogatori e l'audizione della ricorrente si sarebbero svolti in italiano. Inoltre,
nell'audizione dinanzi alla COMCO sarebbe stata impiegata una traduttrice.
In secondo luogo, la COMCO respinge le insinuazioni della
ricorrente relative ad una presunta erronea verbalizzazione del rappresentante della ricorrente, il signor
A._______. La COMCO tiene a precisare che i propri collaboratori scientifici che si sono occupati di
condurre e verbalizzare il relativo interrogatorio sono di madre lingua italiana e, considerato che hanno
frequentato le scuole nel Cantone Ticino fino all'inizio degli studi universitari, è da escludere
che non abbiano compreso le dichiarazioni del signor A._______. Se il Tribunale lo ritiene necessario,
l'autorità inferiore propone l'audizione dei collaboratori scientifici che si sono occupati
della verbalizzazione dell'interrogatorio. Ella sostiene infine che avendo il signor A._______
apposto la propria firma su ogni pagina del verbale, egli avrebbe così confermato che le sue dichiarazioni
erano state riportate in maniera corretta. A tale riguardo l'autorità inferiore specifica
che le precisazioni richieste dal signor A._______ al momento della lettura del verbale sarebbero state
infine inserite nel medesimo.
In terzo luogo, la COMCO rinnova il proprio parere sulle
sufficienti conoscenze della lingua tedesca da parte dei rappresentanti della ricorrente, ossia il signor
A._______ e la signora B._______, quale membro del consiglio di amministrazione. A prescindere da ciò,
ella rimanda alla prassi del Tribunale federale secondo cui da una persona giuridica attiva commercialmente
anche in una regione della Svizzera in cui si parla la lingua del procedimento ci si possa aspettare
che comprenda le parti essenziali del medesimo.
Nello stesso modo, la COMCO ritiene di essersi espressa
dettagliatamente, nella decisione incidentale del 30 luglio 2014, su ogni argomento sollevato dalla ricorrente
in relazione a presunte violazioni dei disposti di cui agli artt. 33a
PA, 4, 8 e 29 cpv. 1 e 2 Cost. e all'art. 6 CEDU. Pertanto, non avrebbe violato l'obbligo
di motivare le decisioni. Inoltre, l'addebitamento dei costi sarebbe conforme al principio secondo
chi occasiona una decisione o domanda una prestazione è tenuto a pagare un emolumento. A mente della
COMCO, tale principio non creerebbe alcuna differenza in funzione della lingua madre del destinatario
della decisione, per cui non sussisterebbe alcuna violazione del divieto di discriminazione.
Infine la COMCO osserva di aver spiegato ai rappresentanti
dell'impresa ricorrente, in italiano, le accuse sollevate nei confronti di quest'ultima e
di aver dato loro la possibilità di esprimersi in merito, in particolare nei due interrogatori del
signor A._______ in data 29 novembre 2011 e 11 novembre 2013. Tali spiegazioni sarebbero avvenute ancora
prima dell'invio della proposta della Segreteria. Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente,
soggiunge la COMCO, i rappresentanti della ricorrente hanno compreso le accuse mosse nei loro confronti
ed hanno avuto la possibilità di difendersi adeguatamente. A suo dire, competeva alla ricorrente,
in qualità di membro di un'associazione prevalentemente svizzero-tedesca con relazioni commerciali
con imprese svizzero-tedesche, di assumere un avvocato che comprenda il tedesco. La circostanza secondo
cui il patrocinatore non capisca la lingua tedesca e non sia in grado di sviluppare una presa di posizione
in favore della sua mandante, non configurerebbe un problema legato alla portata dell'art. 33a
cpv. 1 PA, bensì agli obblighi di diligenza dell'avvocato. Per questi motivi, la COMCO è
dell'avviso di non essere tenuta a tradurre in italiano gli atti procedurali pari a più di
10'000 pagine, senza contare che la ricorrente in prima istanza non ha reclamato una simile traduzione,
malgrado abbia preso posizione sugli atti trasmessi al suo patrocinatore in via elettronica. Sulla base
di questa presa di posizione, la COMCO parte dal presupposto che la ricorrente sia riuscita a visualizzare
gli atti, per cui gli asseriti difetti circa l'apertura delle chiavette dove erano contenuti i
documenti non sarebbero da considerare.
O.
Su
richiesta dello scrivente Tribunale, la COMCO ha prodotto, in data 27 giugno 2016, una chiavetta
USB contenente la versione degli atti preliminari senza i segreti aziendali denominata "X._______
SA", una chiavetta USB intitolata "TAF_1" e un'altra chiamata "TAF_2",
nonché l'indice numerato di tutti gli atti procedurali che contengono come allegato gli indicatori
e i dati relativi alle imprese in formato elettronico. La COMCO ha specificato che le chiavette USB denominate
"X._______ SA" e "TAF_1", come pure l'indice numerato, potevano essere
messi a disposizione della ricorrente, e che le password delle chiavette USB "X._______ SA"
e "TAF_2" sarebbero state comunicate tramite e-mail, ciò che è avvenuto in data
29 giugno 2016.
P.
Con
ordinanza del 30 giugno 2016 sono stati trasmessi alla ricorrente gli atti preliminari nella forma auspicata
dalla COMCO, con la precisazione che la password della chiavetta USB "X._______ SA" sarebbe
stata comunicata alla ricorrente dietro sua richiesta telefonica. Fino ad oggi la ricorrente non ha fatto
uso di tale opportunità.
Q.
Con
replica dell'11 luglio 2016 la ricorrente si riconferma integralmente nelle sue conclusioni e considerazioni
di fatto e di diritto. Ella tiene a precisare di non vendere i suoi prodotti nella Svizzera tedesca e
romanda, ma unicamente in Ticino e, in parte, in Italia, mentre la sola "attività" esplicata
nella Svizzera tedesca consisterebbe nell'acquisto presso C._______ SA di una parte dei prodotti
che lei vende. La ricorrente ammette che i propri dirigenti e rappresentanti abbiano qualche infarinatura
della lingua tedesca che consentirebbe loro di capire cosa vende la C._______ SA, le fatture della merce
che acquistano da quest'ultima e le corte comunicazioni in relazione alla merce utilizzata. Tuttavia
ella ribadisce che essi non sono stati né sono assolutamente in grado di comprendere le motivazioni
e le accuse formulate dalla Segreteria della COMCO nella sua proposta, nonché il contenuto della
decisione del 29 giugno 2015, tutti scritti in tedesco, utilizzando frasi e parole tecniche e specialistiche,
proprie dei settori economici e giuridici e sconosciute a chi è estraneo a tali campi.
La ricorrente respinge recisamente le considerazioni
della COMCO sulle conoscenze linguistiche del patrocinatore. A parte il fatto che con il ricorso, la
decisione impugnata, oltre alla questione della lingua, è stata contestata anche nel merito (entro
i limiti imposti alla ricorrente dalle difficoltà di comprensione linguistiche), secondo la ricorrente
è l'accusato che deve comprendere le accuse che vengono mosse nei suoi confronti. Se ciò
non è possibile, l'accusato non sarebbe nemmeno in grado di informare il proprio legale sulla
portata ed importanza delle circostanze e degli argomenti determinanti al fine di potersi difendere in
modo valido ed efficace.
La ricorrente nega che lei e/o il suo legale avrebbero
acconsentito alla trasmissione degli atti in via elettronica, tant'è che con scritti del 20
ottobre 2014 e 30 ottobre 2014 il patrocinatore avrebbe specificato che il diritto di essere sentito
può essere salvaguardato unicamente con la trasmissione di tali documenti per corriere.
Siccome entrambe le decisioni impugnate farebbero numerosissimi
riferimenti ad un numero imponente di atti procedurali (1792 documenti che comprendono più di 10'000
pagine), il solo rinvio ad un numero rilevante o generico di documenti sarebbe suscettibile di ostacolare
o precludere la comprensione degli atti impugnati, tanto da costituire, per prassi, una violazione del
diritto di essere sentito della ricorrente.
R.
Il
15 agosto 2016 la COMCO ha dichiarato di rinunciare ad inoltrare una duplica.
S.
Con
ordinanza del 18 agosto 2016 lo scrivente Tribunale ha concluso lo scambio di scritti, limitatamente
alla questione della lingua del procedimento, sempre su riserva di eventuali ulteriori provvedimenti
istruttori e/o memorie delle parti.
T.
Ulteriori
fatti ed argomenti addotti dalle parti negli scritti verranno ripresi nei considerandi qualora risultino
decisivi per l'esito della presente decisione incidentale e sentenza parziale.
Diritto:
1.
Lo
scrivente Tribunale amministrativo federale esamina d'ufficio e liberamente, con piena cognizione,
l'ammissibilità del rimedio esperito (cfr. DTAF 2007/6, consid. 1 con rinvii; DTAF 2008/48, consid.
1.2 non pubblicato).
1.1 Fatta eccezione
per le decisioni elencate dall'art. 32 della legge federale del 17 giugno 2005 sul Tribunale amministrativo
federale (LTAF, RS 173.32), lo scrivente Tribunale, in virtù dell'art. 31 LTAF, giudica
i ricorsi contro le decisioni ai sensi dell'art. 5 della legge federale del 20 dicembre 1968 sulla
procedura amministrativa (PA, RS 172.021), prese dalle autorità menzionate all'art. 33 LTAF.
Nel caso della COMCO si tratta di un'autorità inferiore ai sensi dell'art. 33 lett.
f LTAF. La procedura dinanzi al Tribunale amministrativo federale è retta dalla PA, a meno che la
LTAF non disponga altrimenti (art. 37 LTAF). La PA è applicabile alle procedure in materia di legge
sui cartelli dinanzi a codesto Tribunale nella misura in cui la legge federale del 6 ottobre 1995 sui
cartelli e altre limitazioni della concorrenza (legge sui cartelli, LCart, RS 251) non vi deroghi.
Il ricorso è stato inoltrato sia contro la decisione
della COMCO del 29 giugno 2015, notificata alle parti il 17 marzo 2016, nella procedura 22-0420 denominata
"Badezimmer" ("Stanze da bagno"), la quale configura una decisione ai sensi dell'art.
5 PA, sia contro la decisione incidentale della Segreteria della COMCO, resa assieme ad un membro della
Presidenza, del 30 luglio 2014. Nel caso di quest'ultima si tratta di una cosiddetta altra
decisione incidentale giusta l'art. 46 cpv. 1 PA mediante la quale era stata respinta la richiesta
della ricorrente di notificarle la proposta della Segreteria in italiano, eccezion fatta per il dispositivo
di quest'ultima, con il conseguente addossamento del 90% dei costi di procedura a carico della
ricorrente. Detta decisione incidentale non è stata direttamente impugnata con ricorso entro i trenta
giorni dalla notificazione della medesima, come del resto segnalato nella corrispondente indicazione
del rimedio giuridico. Tuttavia, anche se la ricorrente fosse insorta contro di essa, è probabile
che il relativo ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile, in quanto, per prassi costante, la decisione
incidentale avente per oggetto la lingua del procedimento in quanto tale e in relazione alla traduzione
di documenti non dovrebbero essere suscettibili di cagionare all'insorgente un pregiudizio irreparabile
(decisione del TF 1A.149/2002 del 18 luglio 2002 consid. 1.3). A prescindere da ciò, la decisione
incidentale in questione è impugnabile mediante ricorso contro la decisione finale, in quanto si
può senz'altro affermare che la prima influisca sul contenuto della seconda (cfr. art. 46
cpv. 2 PA). Invero, se lo scrivente Tribunale dovesse giungere alla conclusione che la richiesta della
ricorrente volta alla traduzione in italiano della proposta della Segreteria sia da accogliere, risulterebbero
le medesime conseguenze anche nei confronti della decisione finale.
Visto quanto precede, lo scrivente Tribunale è dunque
competente per statuire nella presente vertenza, posto che non sono date eccezioni di cui all'art.
32 LTAF.
1.2 Conformemente
all'art. 48 cpv. 1 PA, ha diritto di ricorrere chi ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità
inferiore o è stato privato della possibilità di farlo (lett. a), è particolarmente toccato
dalla decisione impugnata (lett. b) e ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla
modificazione della stessa (lett. c).
In concreto, la ricorrente, iscritta a registro di commercio,
ha partecipato alla procedura dinanzi all'autorità inferiore. In qualità di destinataria
diretta della decisione finale, ella è toccata dalla stessa. Il divieto, pronunciato nei suoi confronti,
di adottare diverse pratiche cartellari ritenute illecite e la conseguente inflizione di una multa (...)
sono idonei di cagionarle un pregiudizio economico ed ideale che potrebbe essere eliminato tramite l'accoglimento
del gravame. La ricorrente ha dunque un interesse degno di protezione attuale e pratico ad insorgere
contro entrambe le decisioni impugnate.
1.3 I requisiti relativi
al contenuto ed alla forma del ricorso sono soddisfatti (art. 52 PA), l'anticipo spese è stato versato
entro il termine impartito (art. 63 cpv. 4 PA) e il patrocinatore della ricorrente ha giustificato
i propri poteri per mezzo di procura scritta valida (art. 11 cpv. 2 PA).
1.4 Da quanto precede
risulta che il ricorso è ricevibile in ordine.
2.
Mediante
le conclusioni formulate in via principale la ricorrente postula l'annullamento della decisione
del 29 giugno 2015/17 marzo 2016 come altresì della decisione incidentale del 30 luglio 2016, emesse
nei suoi confronti, nonché il rinvio della causa all'autorità inferiore. Nel petitum
corrispondente la ricorrente fa valere una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2
Cost. e art. 33a PA) e dei principi costituzionali della parità
di trattamento e del divieto di discriminazione.
La censura, secondo il senso, della lesione del diritto
allo svolgimento del procedimento in prima istanza nella sua lingua madre e alla traduzione della proposta
della Segreteria e della decisione impugnata in italiano è una delle svariate componenti del diritto
di essere sentito. Da ciò, la ricorrente deriva una violazione dell'obbligo di motivare le
decisioni da parte dell'autorità inferiore, poiché, a suo avviso, non sarebbe stata messa
nella condizione di difendersi adeguatamente e inoltrare un ricorso con cognizione di causa.
Siccome il diritto di essere sentito è una garanzia
di natura formale, la cui violazione implica, di principio, l'annullamento della decisione resa dall'autorità,
indipendentemente dalle possibilità di successo del ricorso nel merito (cfr. DTF 132 V 387 consid.
5.1 con rinvii; DTAF 2009/36 consid. 7), potrebbe rilevarsi opportuno che l'autorità di ricorso
esamini tale doglianza prioritariamente (cfr. DTF 127 V 431 consid. 3d/aa e DTF 124 I 49 consid. 1).
Allo scopo di coordinare le altre otto procedure di ricorso
pendenti contro la decisione del 29 giugno 2015, tutte in lingua tedesca, lo scrivente Tribunale ritiene
appropriato, nel presente caso, determinarsi in maniera definitiva sulle conclusioni formulate in via
principale dalla ricorrente sulla questione della lingua di procedura nel procedimento dinanzi all'autorità
inferiore e alle censure ad esse connesse, ossia le diverse violazioni del diritto di essere sentito,
dell'art. 33a PA, dei principi della parità di trattamento
e del divieto di discriminazione. In effetti, tutte le doglianze si trovano in un rapporto stretto con
la questione della lingua e quindi della questione del diritto di essere sentito, che per prassi può
essere esaminata preliminarmente (cfr. per la nozione di sentenza parziale la prassi e la dottrina menzionate
nella sentenza parziale del TAF B-5041/2014 del 29 giugno 2015 consid. 2). Per giunta, lo scrivente
Tribunale ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per pronunciarsi sulle conclusioni principali
del ricorso e di dirimere la questione mediante una sentenza parziale, anche per ragioni di celerità
e di economia procedurale in relazione agli altri procedimenti pendenti.
Per quanto invece attiene alla scelta della lingua nel
procedimento di ricorso (cfr. consid. 12), tale questione è più suscettibile di fare oggetto
di una decisione incidentale.
Per questi motivi, la presente sentenza è intitolata
"sentenza parziale e decisione incidentale".
3.
Di
seguito occorre esaminare, in un primo tempo, se la COMCO abbia definito correttamente la lingua di procedura
nel procedimento di prima istanza (cfr. intero consid. 4) e, nel caso affermativo, se la ricorrente ha
un diritto alla traduzione in italiano della proposta della Segreteria (cfr. intero consid. 5), della
decisione impugnata (cfr. intero consid. 7) e degli atti preliminari (consid. 9).
4.
La
ricorrente lamenta che il progetto della Segreteria, eccezion fatta per il dispositivo tradotto nell'appendice
della decisione incidentale del 30 luglio 2014, e la decisione impugnata siano stati redatti in tedesco,
richiamando al proposito l'art. 29 Cost., l'art. 33a
PA e l'art. 8 cpv. 2 Cost., nella misura in cui adduce una discriminazione fondata sulla lingua.
4.1
4.1.1 L'art.
33a VwVG reca il titolo marginale "lingua del procedimento".
L'interpretazione di tale disposto deve avvenire nel contesto delle norme costituzionali in materia
del diritto alla lingua, come pure delle garanzie procedurali. La libertà di lingua è sancita
dall'art.18 Cost. che garantisce la possibilità di utilizzare la lingua materna o un'altra lingua
di propria scelta. Nelle relazioni tra lo Stato e i privati la libertà di lingua subisce una restrizione
mediante il principio delle lingue ufficiali. In questo senso, un privato può fare appello alla
libertà di lingua nella misura in cui vuole servirsi di una lingua ufficiale. Le lingue ufficiali
della Confederazione sono il tedesco, il francese e l'italiano, mentre il romancio è lingua ufficiale
nei rapporti con le persone di lingua romancia (art. 70 cpv. 1 Cost.). Le garanzie e i principi costituzionali
sono stati concretizzati con la legge federale del 5 ottobre 2007 sulle lingue nazionali e la comprensione
tra le comunità linguistiche (Legge sulle lingue, LLing, RS 441.1) che disciplina, tra l'altro,
l'uso delle lingue ufficiali da parte e nei confronti delle autorità federali (art. 1 lett. a LLing)
e si applica, in linea di principio, anche ai Tribunali federali (art. 4 cpv. 1 lett. d LLing). Ad esempio,
giusta l'art. 6 cpv. 2 LLing, le autorità federali rispondono nella lingua ufficiale usata
dal loro interlocutore e possono convenire con quest'ultimo l'uso di un'altra lingua ufficiale. Tutte
queste disposizioni non disciplinano però esplicitamente la questione della lingua del procedimento
(sentenza del TF 1E.8/2006 del 18 ottobre 2006 consid. 3.2), tant'è che a tale riguardo entrano
in gioco, a titolo d'eccezione, le disposizioni particolari concernenti l'amministrazione della
giustizia federale (art. 6 cpv. 6 LLing).
Nel presente caso va innanzitutto tenuto conto dell'art.
33a PA che si applica nei procedimenti di diritto amministrativo
definibili mediante decisioni di autorità federali di prima istanza o di ricorso (Patricia
Egli in: Waldmann/Weissenberger [ed.], Praxiskommentar VwVG, 2a edizione, 2016, n. 3 ad art.
33 PA). Né la libertà di lingua giusta l'art. 18 Cost., né il diritto di essere
sentito di cui all'art. 29 cpv. 2 Cost. e nemmeno la LLing conferiscono all'interessato un
diritto illimitato a scegliere liberamente la lingua del procedimento. Una volta definita quest'ultima,
egli può tuttavia continuare a depositare le proprie comparse nella lingua ufficiale che preferisce
(Peter Uebersax, Basler Kommentar Bundesgerichtsgesetz, 2011, n. 3 ad art.
54 LTF; cfr. per tutto Marco Savoldelli, Die Amtssprachenregelung nach dem
neuen Sprachengesetz des Bundes, ZBl 109/2008 p. 478 segg., 490).
4.1.2 L'art.
33a cpv. 1 PA enuncia il principio, secondo cui il procedimento
si svolge in una delle quattro lingue ufficiali, di regola nella lingua in cui le parti hanno presentato
o presenterebbero le conclusioni. Per "procedimento" si intendono i procedimenti promossi
dalle autorità amministrative di prima istanza mediante decisione o azione. L'art. 33a
cpv. 1 PA corrisponde, in linea di principio, all'art. 6 cpv. 2 LLing (Egli,
op. cit., n. 10; Thomas Pfisterer, in Auer/Müller/Schindler [ed.], Kommentar
zum Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren [VwVG], 2008, n. 8 ad art. 33a).
L'autorità amministrativa deve determinarsi
in ogni singolo caso sulla lingua del procedimento. Nella maggior parte dei casi la lingua è fissata
in modo tacito all'inizio del procedimento, se necessario l'autorità rende una decisione
incidentale al riguardo. La decisione sulla lingua del procedimento è vincolante per tutti i partecipanti
e per tutta la durata del procedimento, conformemente ai principi dell'esclusività e dell'unitarietà
della lingua di procedura (cfr. per tutto Pfisterer, op. cit., n. 10; Egli,
op. cit., n. 12; Uebersax, op. cit., n. 3a). Secondo Pfisterer
l'autorità amministrativa fruisce, nell'ambito delle disposizioni vigenti, di un certo
potere d'apprezzamento nella scelta della lingua del procedimento e nel derogare al principio secondo
cui fa stato la lingua ufficiale di cui si serve l'interessato nelle sue conclusioni; ella trova
la soluzione sulla scorta di una ponderazione degli interessi in gioco (Pfisterer,
op. cit., n. 10).
Di regola, l'autorità di prime cure segue la
lingua ufficiale conformemente alle conclusioni della parte interessata. Nei procedimenti con una sola
parte, la lingua del procedimento può solitamente essere già determinata in base alle conclusioni
che la parte propone o proporrebbe. Nei procedimenti a più parti con conclusioni presentate in diverse
lingue ufficiali appare ragionevole decidersi per quella lingua che cagiona il meno possibile dispendio,
costi e ritardi e assicura il più possibile chiarezza e comprensibilità. Lo stesso vale quando
detti procedimenti amministrativi con più parti e conclusioni in lingue diverse sono avviati d'ufficio,
come è in parte avvenuto nella presente fattispecie (Egli, op. cit.,
n. 11, 14 seg.; Pfisterer, op. cit., n. 10). In questi casi sono da
considerare, oltre agli aspetti legati all'economia procedurale, nonché alla celerità
(sentenze del TF 1A-71/2005 dell'11 maggio 2005 consid. 4.1 e 1A.33/2000 del 19 giugno 2000
consid. 3b e 3c) e alla sicurezza del diritto, anche gli interessi concreti delle parti e il principio
della parità delle armi (DTAF 2008/31 E. 7). Di altrettanta importanza è la presa in conto
della lingua ufficiale che la maggioranza o addirittura la totalità delle parti padroneggia o deve
padroneggiare (Egli, op. cit. n. 15; Pfisterer,
op. cit., n. 7; Uebersax, op. cit., n. 21 ad art. 54 LTF). La scelta della
lingua di procedura si fonda su una cultura del rispetto reciproco. Le autorità amministrative federali
sono quadrilingue a livello istituzionale e tenute, di regola, a farsi capire nelle lingue ufficiali
e perciò ad organizzarsi di conseguenza (Pfisterer, op. cit., n. 7).
In procedimenti a più parti che si rivolgono alle autorità in più di una lingua ufficiale
è possibile che le autorità, a titolo preventivo, eseguano atti procedurali in più lingue
(Pfisterer, op. cit. n. 7). Ma anche i privati devono fornire il loro contributo.
Ad esempio, nell'ambito dell'assistenza giudiziaria internazionale e del diritto in materia
di dogane, dove si valutano solitamente fattispecie transfrontaliere, il Tribunale federale si aspetta
dagli avvocati svizzeri ch'essi abbiano conoscenze almeno passive delle lingue ufficiali della
Confederazione (sentenza del TF 1A.275/2003 del 27 gennaio 2004 consid. 2.2 e 2C_201/2013 del 24 gennaio
2014 consid. 4.2; Pfisterer, op. cit., n. 7).
4.1.3 La PA è
applicabile alle procedure nella misura in cui la LCart non vi deroghi (art. 39 LCart). La LCart non
contiene disposizioni speciali sulla lingua del procedimento. Sono dunque applicabili per analogia i
principi derivanti dall'art. 33a PA enunciati al consid.
4.1.2.
Nella dottrina specialistica, a cui fa riferimento anche
l'autorità inferiore nella decisione incidentale, è indicato che in un procedimento amministrativo
cartellare diretto contro parecchie imprese che parlano lingue differenti è determinante per la
scelta della lingua del procedimento, di regola, la lingua parlata dalla maggioranza delle parti (Beat
Zirlick/Christoph Tagmann, in: Amstutz/Reinert [ed.], Basler Kommentar zum Kartellgesetz [BSK],
2010, n. 77 seg. ad art. 26 LCart). Una volta scelta la lingua del procedimento, quest'ultima è
decisiva non solo per la decisione finale e la proposta della Segreteria, ma anche, in linea di principio,
per l'intera inchiesta preliminare (art. 26 LCart) e per tutto il corso dell'inchiesta (art.
27 LCart); per quanto attiene alle decisioni incidentali, ad esempio nell'ambito dell'inchiesta
preliminare, la questione della lingua si regola, giusta l'art. 33a
PA, secondo la lingua del destinatario della medesima, il che non deve per forza corrispondere alla lingua
del procedimento (Zirlick/Tagmann, op. cit., n. 80 segg., 85). La proposta
della Segreteria e la decisione finale della COMCO sono redatte in principio in una sola lingua, quand'anche
alcuni partecipanti al procedimento siano di altra madrelingua e la corrispondenza con le autorità
in materia di concorrenza si sia svolta in parte anche in altre lingue (Zirlick/Tagmann,
op. cit., n. 77, 88). In questo caso, a scopo informativo, la COMCO suole redigere la lettera d'accompagnamento
e tradurre, se del caso, il dispositivo della decisione finale nella lingua ufficiale preferita dalla
parte toccata; resta vincolante tuttavia unicamente il dispositivo redatto nella lingua del procedimento
(Zirlick/Tagmann, op. cit., n. 88; cfr.; DPC [Diritto e politica della concorrenza]
2004/4, 1098 Distribuzione di prodotti veterinari). Questo modo di procedere appare, di principio, conciliabile
con i dettami dell'art. 33a PA.
4.2 Nel caso che
ci riguarda, la Segreteria ha designato in modo tacito il tedesco quale lingua del procedimento, da una
parte aprendo l'inchiesta in tedesco nei confronti delle undici parti e, dall'altra, comunicando
con esse per la maggior parte in tedesco, anche se occasionalmente in italiano con la ricorrente, la
quale ha, dal canto suo, potuto ampiamente servirsi dell'italiano non solo nella corrispondenza
con l'autorità inferiore, ma anche nell'ambito degli interrogatori. Secondo il parere
dell'autorità inferiore, per la scelta del tedesco quale lingua del procedimento nella presente
fattispecie è stato fondamentale che dieci delle undici parti abbiano effettuato lo scambio di corrispondenza
in tedesco. Da tale circostanza ella deduce che tutte le parti del procedimento comprendano la lingua
tedesca (decisione incidentale del 30 luglio 2014 n. 18). Infine, l'autorità inferiore ha
rinviato la ricorrente alla propria libertà di consultare un avvocato che comprenda il tedesco e
possa presentare le sue richieste in italiano alle autorità della concorrenza.
4.3 La motivazione
addotta dall'autorità inferiore per la scelta della lingua del procedimento in prima istanza
poggia su due aspetti fondamentali: la lingua ufficiale utilizzata dalla maggioranza dei partecipanti
all'inchiesta (cfr. consid. 4.3.1) e la supposizione che la ricorrente sia in grado di capire il
tedesco (cfr. consid. 4.3.2).
4.3.1 In primo luogo,
la lingua designata coincide con la lingua ufficiale mediante la quale undici delle dieci parti implicate
nell'inchiesta hanno intrattenuto la corrispondenza con le autorità di concorrenza. L'aspetto
della lingua ufficiale utilizzata dalla maggioranza delle parti coinvolte è strettamente legato
a ragioni di economia procedurale e di certezza giuridica (cfr. Pfisterer,
op. cit. n. 10 in fine; v. anche consid. 4.1.2).
Ora, le asserzioni circa la lingua ufficiale impiegata
dalla maggioranza delle imprese coinvolte si lasciano già verificare dal semplice fatto che la maggior
parte di loro sono patrocinate da avvocati di studi legali aventi la sede nella Svizzera tedesca. Tuttavia,
ci si può aspettare dalle autorità amministrative federali, comprese quelle in materia di concorrenza,
che siano dotate di un numero sufficiente di rappresentanti provenienti da ogni regione linguistica della
Svizzera che, a loro volta, siano in grado di lavorare nella lingua ufficiale di ogni parte coinvolta
in un'inchiesta cartellare, al fine di promuovere e garantire il quadrilinguismo federale a livello
istituzionale (cfr. anche Pfisterer, op. cit, n. 7). In quest'ottica
è comprensibile che la semplice invocazione di motivi di efficienza procedurale e relativi alla
necessità di evitare il rischio di costi elevati non bastano, senza essere corredati da ulteriori
specificazioni o in assenza di una ponderazione degli interessi in gioco sulla base delle circostanze
particolari del caso, a giustificare la scelta della lingua del procedimento. Il richiamo, in via prettamente
generica, ad un simile argomento non può servire da qualsivoglia lasciapassare per violare le disposizioni
in materia del diritto alla lingua.
A tale riguardo va attirata l'attenzione, a titolo
d'esempio, sull'inchiesta della COMCO avente per oggetto le pavimentazioni stradali in Ticino
("Strassenbeläge Tessin"), conclusasi con due decisioni singole pressoché identiche,
una resa in italiano (DPC 2008/1 pag. 50-77 senza le appendici da 1 a 3; cfr. anche sentenza del TAF
B-360/2008 del 10 giugno 2010) e l'altra in tedesco (DPC 2008/1 pag. 86-112 senza le appendici
da 1 a 3; cfr. sentenza del TAF B-420/2008 del 1° giugno 2010), malgrado la maggior parte delle
imprese indagate avesse la propria sede ed esplicasse la propria attività nel Canton Ticino. Certo,
le decisioni della COMCO appena menzionate si compongono di rispettivi 221 numeri a margine (riferiti
ai fatti e alla motivazione) e di circa trenta pagine senza le appendici, perciò non sono paragonabili,
in termine di dimensioni, alla decisione qui impugnata che conta 2668 numeri a margine, 717 pagine, comprese
le appendici, nonché 1792 atti procedurali, né alla proposta che conta 417 pagine e 1203 numeri
a margine. La decisione e la proposta in parola si inseriscono dunque in un contesto dal carattere del
tutto eccezionale che non può giustificare la resa di una decisione in tedesco e contestualmente
di una in italiano, quand'anche l'autorità in questione possa disporre delle risorse
operative funzionali e dirigenziali necessarie per farlo e rischi in questo modo di entrare in contraddizione
con il principio dell'unitarietà della lingua per tutto il corso del procedimento (cfr. consid.
4.1.2).
Come già accennato, in procedimenti in cui sono coinvolti
più parti l'autorità adita prende la decisione sulla scelta della lingua del procedimento
nei limiti del potere d'apprezzamento di cui dispone e compiendo una ponderazione degli interessi
in gioco. A seconda delle dimensioni dell'inchiesta cartellare, delle parti coinvolte, nonché
degli approfondimenti e del lavoro che essa necessita non si può pretendere dall'autorità
inferiore che raddoppi il numero dei collaboratori scientifici da impiegare soltanto a causa della lingua.
Come si ha già avuto modo di verificare, nel caso che ci riguarda è determinante che il tedesco
è la lingua parlata dalla maggioranza delle parti indagate, undici su dieci, e di cui detta maggioranza
si è servita nella corrispondenza intrattenuta con le autorità in materia di concorrenza. Con
particolare riguardo alla portata eccezionale dell'inchiesta in questione, suffragata del resto
dai dati numerici suesposti, si può concludere che la lingua parlata ed utilizzata dalla maggioranza
delle parti e gli aspetti di economia procedurale e della certezza del diritto che ne derivano sono senz'altro
suscettibili di prevalere sull'interesse linguistico rivendicato da una sola parte.
Da questo punto di vista, l'autorità inferiore
non ha abusato, né ecceduto nell'esercizio del proprio potere d'apprezzamento che le
viene riconosciuto nella scelta della lingua del procedimento conferendo un'importanza notevole
alla lingua utilizzata dalla maggioranza delle parti indagate.
4.3.2 In secondo
luogo, l'autorità inferiore è convinta del fatto che la ricorrente capisca il tedesco.
A titolo generale, ella deduce dalla prassi del Tribunale federale che una persona giuridica attiva commercialmente
in una parte della Svizzera in cui si parla la lingua ufficiale del procedimento ci si possa aspettare
che ne comprenda le parti essenziali (sentenza del TF 1A.185/2003 del 13 aprile 2004 consid. 4.2).
Riferendosi al caso concreto, l'autorità inferiore sostiene, sulla scorta delle investigazioni
esperite, che la ricorrente commercializzerebbe prodotti di produttori residenti nella Svizzera tedesca
e la sua attività non sarebbe solo limitata al Canton Ticino. Inoltre, la ricorrente, in qualità
di membro di D._______ che a sua volta ha la propria sede in Svizzera tedesca, avrebbe partecipato alle
assemblee generali di D._______ organizzate principalmente in tedesco.
A tale riguardo ci si potrebbe chiedere se la ricorrente
in qualità di persona giuridica e non di persona fisica possa essere titolare dei diritti costituzionali
in materia di lingua. Malgrado il Tribunale federale abbia lasciato la questione indecisa (sentenza del
TF 1A.185/2003 del 13 aprile 2004 consid. 4.2), esso ha comunque riconosciuto che da una società
il cui campo di attività si estende su tutto il territorio nazionale ci si possa ragionevolmente
attendere che disponga di giuristi che padroneggiano la lingua del procedimento e siano in grado di comprendere
la portata della corrispondenza e delle decisioni notificatele (idem; cfr. anche la sentenza del TAF
A 213/2015 del 13 novembre 2015 consid. 5.2). Pertanto, le aspettative generali dell'autorità
inferiore circa la comprensione delle lingue ufficiali da parte di persone giuridiche attive a livello
nazionale, oltre ad essere pienamente conciliabili con la giurisprudenza del Tribunale federale, appaiono,
perlomeno di principio, giustificate.
Dalle asserzioni della ricorrente emerge che il suo campo
di attività relativo alla vendita dei prodotti è limitato alla sola Svizzera italiana e alla
vicina Italia, mentre l'acquisto di una parte dei prodotti da lei venduti avrebbe luogo presso
la ditta C._______ SA nella Svizzera tedesca. Ne va da sé che l'attività della ricorrente
non si riduce unicamente al territorio del Cantone Ticino, ma si estende in parte anche oltre Gottardo.
Pur ribadendo di negoziare con la C._______ SA in lingua italiana, la stessa ricorrente ammette nell'atto
di replica che i propri dirigenti e rappresentanti hanno "qualche infarinatura" della lingua
tedesca che consentirebbe loro di comprendere le caratteristiche dei prodotti venduti dalla C._______
SA, il contenuto delle fatture relative alla merce acquistata e delle comunicazioni reciproche.
Dal canto suo, l'autorità inferiore ha potuto
appurare che la ricorrente è membro della D._______ con sede nella Svizzera tedesca ed ha partecipato
alle assemblee generali di quest'ultima, organizzate principalmente in tedesco, e ricevuto da tale
associazione corrispondenza in tale lingua.
In riferimento al mandato di patrocinio esistente per conto
della ricorrente, l'autorità inferiore ha segnalato a giusto titolo la sentenza del Tribunale
federale 1A.235/2003 dell'8 gennaio 2004, consid. 1, da cui si evince che da un avvocato che esercita
la sua attività in Svizzera ci si può attendere la conoscenza, perlomeno passiva, delle lingue
nazionali. Il medesimo patrocinatore ha del resto respinto ogni insinuazione ch'egli non sia cognito
della lingua tedesca, l'ultima volta nell'atto di replica.
Per il caso in esame non possono essere determinanti la
sola appartenenza della ricorrente alla D._______ oppure la convinzione o l'impressione che la
persona giuridica in questione possa comprendere effettivamente e sufficientemente una lingua ufficiale
che non corrisponde a quella parlata nella sua sede. Invece, è di importanza cruciale la sussistenza
di circostanze fattuali oggettive sufficienti che, valutate nel loro complesso, permettono di giustificare
la scelta della lingua di procedura adottata e di concludere che la lingua designata possa essere capita
da tutti i partecipanti al procedimento.
L'inchiesta cartellare è stata avviata contro
undici parti, dieci delle quali hanno comunicato in tedesco con le autorità di concorrenza e in
materia di lingua pone in particolare l'accento su quella parlata ed utilizzata dalla maggioranza
delle parti. A ciò si aggiungono il campo esteso dell'indagine e dei relativi passi procedurali
con proporzioni maggiori dell'ordinario, avvalorate dal volume cospicuo degli atti e dal numero
di pagine della decisione impugnata e della proposta, il tutto per la maggior parte scritto in tedesco.
Allo stesso modo va considerato il settore geografico di attività delle imprese coinvolte, perlopiù
la Svizzera tedesca, e infine il fatto che la ricorrente sia assistita da un legale cognito della lingua
tedesca. Da una valutazione complessiva di tutti questi elementi del quadro fattuale sono ravvisabili
ragioni plausibili per la scelta del tedesco come lingua del procedimento dinanzi alle autorità
di concorrenza.
4.3.3 In sunto, visto
quanto precede, emerge limpidamente che gli interessi di economia procedurale prevalgono sull'interesse
privato della ricorrente e propendono in questo modo per il tedesco come lingua del procedimento in prima
istanza. La scelta della lingua della procedura per l'inchiesta cartellare è riconducibile
a motivi validi che la ricorrente non riesce a smentire con le proprie allegazioni.
Non va infine tralasciato che durante la corrispondenza
intercorsa nella fase istruttoria dell'inchiesta la ricorrente, come poteva giustamente aspettarsi,
ha potuto continuare ad inoltrare i propri scritti e a comunicare in italiano con le autorità di
concorrenza, mentre il proprio rappresentante ha avuto la libertà di esprimersi in italiano nel
corso degli interrogatori. L'autorità inferiore è in ogni caso venuta incontro ai bisogni
della ricorrente, rispondendole a più riprese in italiano e redigendo la decisione incidentale sulla
lingua del procedimento in italiano.
Alla luce di tutto quanto precede, non è ravvisabile
che l'autorità inferiore, avendo designato il tedesco come lingua del procedimento in prima
istanza, abbia violato il diritto federale, rispettivamente abusato o ecceduto nell'esercizio del
suo potere d'apprezzamento che le viene riconosciuto in tale ambito.
5.
Di
seguito occorre esaminare se la ricorrente ha il diritto di richiedere la traduzione della proposta della
Segreteria richiamandosi all'art. 33a PA, come altresì
alle garanzie procedurali della Costituzione e dell'art. 6 CEDU.
5.1 Le sanzioni del
diritto dei cartelli dell'art. 49a LCart hanno un carattere di
diritto penale o simile al diritto penale e ad esse sono applicabili, di principio, le garanzie di cui
all'art. 6 CEDU (DTF 139 I 72 consid. 2, in particolare consid. 2.2.2).
L'art. 6 n. 3 CEDU garantisce ad ogni accusato segnatamente
il diritto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile
e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico (lett. a), di disporre
del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa (lett. b) e di farsi assistere
gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nell'udienza (lett. e).
Questi principi sono garantiti anche dall'art. 32 cpv. 2 Cost., che concretizza il diritto di essere
sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.). Le norme citate hanno lo scopo di garantire la parità delle armi
e il diritto ad un equo processo (DTF 131 I 476 consid. 2.2 e rinvii).
Dai disposti summenzionati non è però deducibile,
per prassi costante, un diritto generale ad ottenere la traduzione scritta di qualsiasi atto della procedura,
in particolare di una sentenza penale nella madrelingua dell'accusato; al contrario, per determinare
se, sotto questo punto di vista, l'accusato ha beneficiato di un processo equo vanno considerate tutte
le circostanze concrete del caso (v. decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo del 19 dicembre
1989, nelle cause Brozicek e Kamasinski, serie A, vol. 167 par. 41, e vol. 168 par. 74; DTF 118 Ia 464
consid. 2 seg.; DTF 115 Ia 65 consid. 6c; sentenza del TF 8G.115/2003 del 14 novembre 2003
consid. 4; Uebersax, op. cit., n. 41 ad art. 54 LTF; Jean-Maurice
Frésard, in: Corboz/Wurzburger/Ferrari/Frésard/Aubry Girardin, Commentaire del la LTF,
2014, n. 24 i. f.; Jochen Frowein/Wolfang Peukert, Europäische Menschenrechtskonvention,
2009, n. 318; d'altro avviso Jörg Paul Müller/Markus Schefer,
Grundrechte in der Schweiz im Rahmen der Bundesverfassung, der EMRK und der UNO-Pakte, 2008, p. 861).
D'altronde, per quanto attiene all'obbligo di traduzione, la prassi del Tribunale federale
mostra meno severità, se l'accusato è assistito da un legale in grado di informarlo (DTF 118
Ia 464 consid. 2; 115 Ia 65 consid. 6c).
Giusta l'art. 33a
cpv. 4 PA l'autorità ordina una traduzione se necessario. Questo disposto statuisce d'ufficio
un obbligo generale alla traduzione che si estende alla probabilità, già prevista dall'art.
33a cpv. 3 PA, di tradurre i documenti non redatti in una lingua
ufficiale presentati da una parte. Nel decidere sulla necessità di tradurre determinati documenti
o atti procedurali l'autorità amministrativa fruisce di un certo potere d'apprezzamento
(Egli, op. cit., n. 29; Pfisterer, op. cit.,
n. 17; Uebersax, op. cit., n. 4). Il tenore dell'art. 33a cpv. 4 PA
si lascia dunque conciliare con l'art. 6 n. 3 CEDU e l'art. 29 Cost.
5.2 Il rappresentante
di X._______ SA, A._______, è stato interrogato per la prima volta il 29 novembre 2011 (atto 71).
Nell'introduzione del verbale corrispondente che egli stesso ha sottoscritto senza ulteriormente
modificarlo (atto 105) si evince che l'autorità inferiore l'ha informato dei motivi
per l'avvio dell'inchiesta ("Abbiamo ragione di credere
che le persone giuridiche menzionate si siano accordate su prezzi ed eventualmente sulla ripartizione
territoriale ai sensi dell'art. 5 paragrafo 3 della legge federale sui cartelli",
atto 71 pag. 1). Una seconda audizione del signor A._______ ha avuto luogo in data 10 ottobre 2012 (atto
304). In occasione dell'interrogatorio di A._______ dell'11 novembre 2013 l'autorità
inferiore ha poi esposto a quest'ultimo le circostanze di fatto secondo lei determinanti nell'ottica
del diritto in materia di concorrenza (atto 571, righe nr. 235-237, nr. 241-243, 245-249, 253-257, 264-265,
267, 272-273, 276-279, 282-285, 289-290, 293-295, 297-298, 305-306, 312-314, 317-318, 322-324, 326-328,
332-334), dandogli ogni volta la possibilità di esprimersi in merito. Il rappresentante della ricorrente
è stato pure informato circa le modalità di verbalizzazione delle sue dichiarazioni (atto 571
righe 34-38: "Le Sue dichiarazioni verranno riportate conformemente
al senso del loro contenuto nel verbale che verrà letto di volta in volta. Qualora Lei dovesse ritenere
che una parte del verbale non dovesse esprimere il senso delle sue dichiarazioni, potrà interrompere
la lettura e comunicare le Sue obbiezioni. Le Sue precisazioni e osservazioni verranno inserite nel verbale").
Il signor A._______ ha altresì apposto la propria firma sul verbale di questo interrogatorio.
5.3 Sulla scorta
delle informazioni fornite in occasione degli interrogatori (consid. 5.2) si può affermare che la
ricorrente è venuta correttamente a conoscenza dei fatti che sono contestati alle parti indagate,
tra cui lei stessa, e quali sono i disposti di legge rilevanti. In questo modo è deducibile che
la ricorrente si sia potuta spiegare e sia stata messa nella condizione di preparare efficacemente la
propria difesa. Va altresì detto che mediante scritto del 28 maggio 2014 il legale della ricorrente
aveva informato la Segreteria di aver assunto il mandato di patrocinio. A far tempo da tale data si poteva
ragionevolmente partire dal presupposto che il patrocinatore della ricorrente, di cui si possono attendere
nozioni perlomeno passive della lingua tedesca, sia stato in grado di ragguagliare ulteriormente la sua
cliente e metterla nella condizione di poter difendere al meglio i propri interessi. Per questi motivi
non è ravvisabile alcuna violazione dell'obbligo di motivare le decisioni e dei diritti di
difesa derivanti dall'art. 6 CEDU, dall'art. 29 Cost. e dall'art. 33a
PA.
L'autorità inferiore non ha quindi abusato o
ecceduto nell'uso del suo potere d'apprezzamento per quanto non abbia ritenuto necessario
di tradurre l'intera proposta della Segreteria del 20 maggio 2014 di 417 pagine in italiano, fatti
salvi il dispositivo e la relativa lettera di accompagnamento.
6.
La
ricorrente ravvisa una violazione dei principi costituzionali di cui all'art. 29 cpv. 1 e
cpv. 2 Cost. nel fatto che l'autorità inferiore le abbia addossato il 90% dei costi di procedura
pari a fr. 3'885.75 per il lavoro causato dalla decisione incidentale del 30 luglio 2014.
Giova ricordare che la ricorrente non ha impugnato nei
termini utili la decisione incidentale concernente la lingua del procedimento dinanzi alle autorità
di concorrenza. Secondo la prassi e la dottrina si presuppone che la decisione incidentale sulla lingua
del procedimento in quanto tale e in relazione alla traduzione di documenti non rechi all'insorgente
un pregiudizio irreparabile (decisione del TF 1A.149/2002 del 18 luglio 2002 consid. 1.3; Egli,
op. cit., n. 12). Lo scrivente Tribunale ha già avuto modo di ritenere che l'addossamento delle
spese di prima istanza nell'ambito di una decisione incidentale non dipende, in linea di principio,
dal possibile esito dell'inchiesta e che perciò la decisione incidentale del 30 luglio 2014, limitatamente
alle spese, è da considerarsi di natura finale - anziché incidentale - poiché fondata
su una fattispecie che si presenta conclusa e pronta per essere decisa indipendentemente da eventuali
sviluppi ulteriori (cfr. sentenza del Tribunale amministrativo federale B-4497/2010 del 23 febbraio
2011, pag. 9). Ci si potrebbe dunque chiedere se la censura sollevata dalla ricorrente in questo contesto
non sia da reputare tardiva, non essendosi la ricorrente avversata per tempo contro la decisione incidentale
del 30 luglio 2014. Ma anche qualora la doglianza della ricorrente sia ammissibile, la ricorrente non
potrebbe comunque affermarsi con le proprie argomentazioni, come dimostrano le considerazioni seguenti.
Giusta l'art. 2 cpv. 1 dell'ordinanza del 25 febbraio 1998
sugli emolumenti nell'ambito della legge sui cartelli (Ordinanza sugli emolumenti LCart, OEm-LCart, RS
251.2), colui che occasiona un procedimento amministrativo è tenuto a pagare degli emolumenti (cfr.
art. 4 cpv. 1 OEm-LCart; cfr. anche art. 2 dell'Ordinanza generale dell'8 settembre 2004 sugli emolumenti
[OgeEm; 172.041.1] in relazione all'art. 1a OEm-LCart). Siffatti
emolumenti vengono calcolati in funzione del tempo impiegato, variando da fr. 100.- a fr.
400.- l'ora, a dipendenza dall'urgenza dell'affare e alla funzione rivestita dal personale
incaricato del disbrigo (cfr. art. 4 cpv. 1 e 2 OEm-LCart).
Nel caso che ci riguarda è la ricorrente stessa che,
in data 16 giugno 2016, ha chiesto all'autorità inferiore, tramite il proprio patrocinatore,
il rilascio di una decisione impugnabile nell'evenienza che l'autorità non avesse accolto
la sua domanda di notificarle, in lingua italiana, le circostanze fattuali rimproveratele e le relative
norme giuridiche. Così facendo, la ricorrente ha senza ombra di dubbio occasionato, con il suo comportamento,
l'emanazione della decisione incidentale sulla lingua e con ciò le relative spese di procedura.
Per questo motivo, sulla base dell'art. 2 OEm-LCart, la ricorrente deve dar seguito ai costi di procedura
derivanti dall'emanazione della decisione incidentale impugnata, tanto più che anche le conclusioni
proposte dinanzi all'autorità inferiore si rivelano infondate. Poiché l'importo stesso,
rispettivamente il calcolo delle spese addossate non è contestato, non è necessario addentrarsi
oltre nella questione. Nell'addossamento dei costi di procedura alla ricorrente non sono quindi
ravvisabili né una discriminazione, né una disparità di trattamento, tant'è
che neanche le censure mosse al riguardo sono spiegate in modo circostanziato ed esaustivo, ma rimangono
nel vago, dimodoché possono ritenersi infondate.
7.
Di
seguito va appurato se la mancata traduzione della decisione impugnata del 29 giugno 2015, notificata
alle parti il 17 marzo 2016, sia suscettibile di giustificare una violazione del diritto di essere sentito
e sia compatibile con gli art. 6 CEDU, 29 Cost. e l'art. 33a
PA.
La ricorrente lamenta che l'autorità inferiore
non l'abbia messa nella condizione di comprendere le accuse mosse nei suoi confronti, precludendole
in questo modo di difendersi adeguatamente e verificare la correttezza della decisione.
7.1 Per costante
giurisprudenza, dal diritto di essere sentito garantito dall'art. 29 cpv. 2 Cost. deriva in particolare
l'obbligo dell'autorità inferiore di motivare la propria decisione così da permettere ai destinatari
e ad altri interessati di comprenderla, eventualmente di impugnarla in modo da rendere possibile all'autorità
di ricorso di esercitare convenientemente il suo controllo (cfr. DTF 137 II 266 consid. 3.2; DTF 134
I 83 consid. 4.1 e giuri-sprudenza ivi citata, DTAF 2009/35 consid. 6.4.1). Per adempiere al suo obbligo
di esaminare e di trattare i problemi pertinenti, è sufficiente che il giudice (o l'autorità
adita) menzioni, almeno brevemente, i motivi sui quali ha fondato la sua decisione, in modo da permettere
all'interessato di ap-prezzare la portata di quest'ultima e di impugnarla in piena conoscenza di causa.
Sebbene la motivazione deve fare emergere le riflessioni dell'auto-rità in merito agli elementi
(di fatto o di diritto) essenziali che hanno influen-zato la decisione, l'autorità non è comunque
tenuta a pronunciarsi su tutti i fatti, argomentazioni e mezzi di prova invocati dalle parti, ma può
permet-tersi di limitarsi a quelli che, senza arbitrio, le sembrano decisivi per la ri-soluzione della
causa (cfr. DTF 133 I 270 consid. 3.1 e giurisprudenza ivi citata).
7.2 Come si evince
dall'intero consid. 5, già prima che l'autorità inferiore avesse reso la decisione
incidentale del 30 luglio 2014 la ricorrente era venuta a conoscenza nel corso degli interrogatori (cfr.
consid. 5.2 per i dettagli) delle circostanze di fatto e di diritto che facevano l'oggetto dell'inchiesta
della COMCO. Sulla base del proseguo dell'inchiesta dopo la decisione incidentale del 30 luglio
2014 sono desumibili ulteriori indizi atti ad affermare che la ricorrente abbia ottenuto la conferma
e/o un completamento dei fatti che le sono contestati e del genere di sanzione a cui potrebbe esporsi.
Ella ha altresì avuto occasione di esprimersi sulla proposta e inoltre contestato con scritto spontaneo
le dichiarazioni messe a verbale dell'11 novembre 2013.
7.2.1 In data 22
settembre 2014 la ricorrente ha depositato le proprie osservazioni in riguardo alla proposta della Segreteria
(atto 890), per un totale di 35 pagine. Pur mantenendo le rimostranze circa la mancata traduzione di
detta proposta e le violazioni dei principi costituzionali (diritto di essere sentito, divieto di discriminazione;
pag. 1-6), la ricorrente esprime per il resto (pag. 7 segg.) le proprie considerazioni di merito, prendendo
posizione su ogni punto del dispositivo tradotto in italiano che la riguardi, dal divieto di assumere
comportamenti avversi alla LCart fino all'inflizione della sanzione e alla messa a carico dei costi
di procedura. In sostanza, la ricorrente ribadisce di non aver mai partecipato ad un accordo e che se
mai vi fosse un accordo non sarebbero dati i presupposti per affermare che esso intralci notevolmente
il mercato. La sanzione proposta sarebbe avversa al principio della proporzionalità. Infine, la
COMCO si sarebbe comportata in violazione del principio della buona fede per aver determinato, nel 2006,
che in base ad alcune investigazioni sul mercato della vendita all'ingrosso di impianti sanitari
non vi sarebbero stati indizi di contravvenzione alla LCart.
7.2.2 Mediante scritto
del 14 gennaio 2015 (atto 1165) la ricorrente ha inoltrato le contestazioni in merito alle sue dichiarazioni
messe al verbale dell'11 novembre 2013. Successivamente ella è stata di nuovo interrogata
dalla COMCO in data 19 gennaio 2015, stavolta accompagnata dal proprio patrocinatore e in presenza di
una traduttrice. In quest'ultima occasione l'autorità inferiore ha, tra le altre cose,
confrontato la ricorrente con le deposizioni riportate nei verbali delle audizioni precedenti (cfr. atto
1173, verbale dell'audizione di X._______ SA). Le domande poste erano perlopiù riferite ai
prezzi riportati nei cataloghi dei membri della D._______ e su differenze di prezzo in relazione al catalogo
E. e su un eventuale adottamento del catalogo della C._______ AG.
7.2.3 Anche nel presente
gravame la ricorrente si aggrava, nell'arco di una ventina di pagine, di nuovo contro le insinuazioni
dell'autorità inferiore circa l'assunzione di un comportamento contrario alla LCart,
negando di aver mai partecipato ad un accordo e nell'ipotesi che un tale accordo esista, esso non
intralcerebbe la concorrenza in modo notevole e sarebbe se del caso giustificato per motivi di efficienza
economica. La ricorrente sostiene che nemmeno l'autorità inferiore sarebbe riuscita a dimostrare
in concreto che l'accordo intralci notevolmente la concorrenza. La medesima avrebbe addirittura
omesso di verificare la sussistenza di un'eventuale concorrenza residua, come pure di effettuare
una ricerca di mercato sulla concorrenza degli "sconti/prezzo netto" nel settore sanitario.
Infine, la ricorrente si prevale di una violazione del principio della buona fede in quanto la COMCO,
sulla base delle informazioni e assicurazioni fornite nel 2006, non poteva e non può retroattivamente
decidere diversamente, criminalizzando ora und comportamento degli operatori di mercato giudicato dapprima
lecito.
7.2.4 Visto quanto
precede, non risulta dall'incarto che la ricorrente sia stata lesa nei suoi diritti di difesa per la
mancata traduzione della decisione impugnata. Le rimostranze sollevate a tale riguardo sono quindi prive
di fondamento. Giova invece sottolineare che la mancata traduzione di questi atti non ha impedito al
legale della ricorrente di presentare un ricorso articolato e motivato davanti allo scrivente Tribunale.
7.2.5 In sunto, considerata
la preponderanza degli interessi di economia procedurale e la circostanza che la ricorrente è patrocinata
da un avvocato che comprende il tedesco, l'autorità inferiore era a giusto titolo autorizzata
a scegliere il tedesco come lingua di procedura in prima istanza e a non tradurre in italiano, ma a lasciare
in tedesco la proposta della Segreteria, nonché la motivazione della stessa, ed infine a rinunciare
a tradurre gli atti dell'inchiesta. Per gli stessi motivi, l'autorità inferiore poteva
ritenere a giusta ragione di non procedere ad una traduzione della decisione finale qui impugnata.
8.
Nell'atto
di ricorso la ricorrente critica una verbalizzazione errata dell'interrogatorio dell'11 novembre
2013 e mette in dubbio che i membri della Segreteria abbiano compreso le dichiarazioni del signor A._______.
Se una parte giudica carente la qualità della verbalizzazione,
in particolare la traduzione di eventuali spiegazioni, la medesima deve notificarlo immediatamente al
diretto responsabile dell'autorità (cfr. la sentenza del TF 1P.482/2003 del 29 ottobre
2003 consid. 3.3; DTF 118 Ia 462 consid. 2b). La ricorrente è quindi malvenuta laddove allude
ad una verbalizzazione non corretta dell'interrogatorio dell'11 novembre 2013, in quanto
i membri della Segreteria non avrebbero compreso le dichiarazioni del signor A._______ e commesso diversi
errori di verbalizzazione. Ella misconosce non solo che al signor A._______ è stato riletto il contenuto
del verbale di volta in volta per permettergli di fare osservazioni al riguardo, possibilità di
cui del resto si è servito, ma anche che dal verbale medesimo non risulta ch'egli abbia manifestato
riserve nei confronti delle proprie deposizioni, tant'è che egli ha apposto la propria firma
su ogni pagina di detto verbale. Il fatto che la ricorrente abbia atteso all'incirca un anno e
due mesi per sollevare obbiezioni contro il contenuto del verbale dell'11 novembre 2013 in sede
d'inchiesta e inoltre riproposto la stessa censura in sede di ricorso, seppure in modo più
generico e meno circostanziato, fa sorgere dubbi circa la sua buona fede processuale. Altrettanto pretestuose
e pure tardive appaiono le critiche nei confronti dei collaboratori scientifici della COMCO che hanno
condotto e verbalizzato l'interrogatorio del signor A._______. Se, come dice l'autorità
inferiore, entrambi sono di madre lingua italiana ed hanno frequentato le scuole nel Canton Ticino prima
di passare agli studi universitari, mal si comprende come non possano aver capito le asserzioni del signor
A._______ e come mai quest'ultimo non abbia mosso immediatamente alcuna contestazione in proposito.
9.
La
ricorrente sospetta che l'autorità inferiore non abbia voluto che la ricorrente comprendesse
i fatti rimproveratile per aver rinviato, nella decisione impugnata, ad un gran numero di atti, tutti
in tedesco e disponibili solo in forma elettronica. Ella lamenta come non sia nemmeno stato possibile
aprirli e che attualmente non si possano più visionare. Nell'atto di replica la ricorrente
ribadisce che una motivazione che fa appello ad un rinvio agli atti può ledere il diritto di essere
sentito laddove viene fatto riferimento ad un numero rilevante e generico di documenti, oltretutto redatti
in una lingua sconosciuta all'interessato. Infine ella tiene presente di aver contestato già
con lettere raccomandate del 20 ottobre 2014 e 30 ottobre 2014 la trasmissione degli atti preliminari
in forma elettronica e specificato che il diritto di essere sentito può essere salvaguardato solo
con la trasmissione degli atti mediante invio postale.
In considerazione delle censure sollevate, va appurato
di seguito se la ricorrente ha un diritto a ricevere gli atti preliminari per invio postale, se e in
che misura le è stato possibile prendere posizione su detti documenti e se ha un diritto alla traduzione
dei medesimi in italiano.
9.1 L'art.
26 cpv. 1bis PA statuisce che, se la parte
o il suo rappresentante vi acconsente, l'autorità può notificare per via elettronica gli atti
da esaminare. Sulla base di detto disposto, la parte o il suo patrocinatore non possono esigere di poter
esaminare gli atti per via elettronica. Il disposto menzionato rimette la concessione del diritto di
essere sentito in forma elettronica unicamente al potere discrezionale dell'autorità, tuttavia
non sancisce un diritto della parte all'invio degli atti (cfr. Messaggio concernente la revisione
totale dell'organizzazione giudiziaria federale del 28 febbraio 2001, FF 2001 3764 segg., pag.
3958). Quando l'autorità dispone di atti in formato digitale, l'invio di una copia elettronica
alle parti comporta costi amministrativi nettamente inferiori di quanto accade facendo fotocopie e non
causa ritardi nella trattazione dell'incartamento, contrariamente al suo invio in formato cartaceo
(FF 2001 3831; cfr. Bernhard Waldmann/Magnus Oeschger, in Waldmann/Weissenberger
[ed.], Praxiskommentar, op. cit., n. 87 ad art. 26 PA; Stephan C. Brunner,
VwVG - Kommentar zum Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren, 2008, n. 46-49 ad art. 26).
L'esame degli atti alla sede dell'autorità che decide giusta l'art. 26 cpv. 1 PA
configura una garanzia minima. Né l'art. 29 cpv. 2 Cost., né la PA escludono la possibilità
di trasmettere al richiedente o al proprio patrocinatore gli atti in originale o in copia per consultazione.
Tuttavia, essi non statuiscono alcun diritto all'invio degli atti per posta, come invece vorrebbe
far credere la ricorrente (Waldmann/Oeschger, op. cit., n. 85 con ulteriori
riferimenti).
9.2 Nel caso di specie,
parte della corrispondenza tra la ricorrente e le autorità di concorrenza è stata intrattenuta
in forma elettronica (cfr. ad esempio atti 342 e 397: invio e ritorno del questionario [21 dicembre 2012
e 12 febbraio 2013]; atto 573: comunicazione di eventuali segreti d'affare [12 novembre
2012]; atto 634, 635, 671 e 672: invio del link relativo all'elenco degli atti provvisorio e della
password per accedervi [9 maggio 2014, 6 giugno 2014]). Da questo punto di vista l'autorità
inferiore poteva ragionevolmente supporre che la ricorrente avesse dato il proprio consenso alla trasmissione
degli atti in via elettronica. Risulta inoltre dall'incarto che la ricorrente è l'unica
su undici delle imprese indagate ad aver notificato problemi di natura tecnica nell'apertura degli
atti procedurali elettronici, la prima volta mediante scritto del 20 ottobre 2014 e poi tramite scritto
del 30 ottobre 2014 (atto 982 e 1025), ove la ricorrente ha ribadito che il diritto di essere sentito
può essere salvaguardato unicamente con la trasmissione dei documenti "per corriere".
Dagli ulteriori atti all'incarto emerge inoltre che l'autorità inferiore ha nuovamente
inviato il link e la
password per collegarsi al server della Confederazione e scaricare
gli atti delle inchieste preliminari (atti 1035 e 1036). Il patrocinatore ne ha di seguito confermato
la ricezione con e-mail del 3 novembre 2014 (atto 1037). In data 13 novembre 2014 (atto 1057) la ricorrente
ha inoltrato una presa di posizione, tra l'altro sottolineando testualmente "che
la documentazione in oggetto conferma pienamente ed integralmente il ben fondato delle sue osservazioni
22 settembre 2014 relative alla proposta della Segreteria del 20 maggio 2014". Per quanto
è dato di vedere sulla base degli elementi acquisiti all'incarto, si può ragionevolmente
desumere non solo che la ricorrente ha potuto consultare gli atti delle inchieste preliminari e fatto
uso della facoltà di prendere posizione a tale riguardo, ma anche di averne capito la portata, cosicché
una traduzione di suddetti atti, peraltro nemmeno richiesta dalla ricorrente, non si è rivelata,
a giusto titolo, necessaria. Si ripete che nell'ambito del diritto amministrativo non sussiste alcun
diritto ad ottenere la traduzione degli atti di un incarto, allorquando gli stessi sono redatti in una
lingua ufficiale (cfr. art. 33a cpv. 3 PA a contrario e art.
33a cpv. 4 PA). Secondo la prassi del Tribunale federale, né
l'art. 6 CEDU né la garanzia costituzionale del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.)
conferiscono infatti all'amministrato il diritto d'ottenere la traduzione nella propria lingua degli
atti dell'incarto redatti in una lingua ch'egli non padroneggia o che comprende solo in maniera imperfetta.
Di principio, spetta al diretto interessato farsi tradurre gli atti ufficiali dell'incarto (cfr. DTF
131 V 35 consid. 3.3, DTF 127 V 219 consid. 2b/bb, DTF 115 Ia 64 consid. 6; sentenza del Tribunale amministrativo
federale A-4835/2010 dell'11 gennaio 2011 consid. 4.3.4 con rinvii). Per il rimanente, si può rinviare
ai considerandi precedenti riguardo alla designazione della lingua del procedimento e al diritto di traduzione
della proposta e della decisione impugnata (consid 4 segg. e 7 segg.).
Di conseguenza, le insinuazioni della ricorrente che l'autorità
inferiore non abbia voluto che lei comprendesse i fatti rimproveratile per aver rinviato, nella decisione
impugnata, ad un gran numero di atti, tutti in tedesco e disponibili solo in forma elettronica appaiono
gratuitamente offensive e fanno sorgere dubbi se questo tipo di condotta processuale sia conforme al
principio della buona fede. Infine, la ricorrente non può trarre nulla a suo vantaggio dalla giurisprudenza
da lei richiamata per affermare una violazione del diritto di essere sentito laddove l'autorità
inferiore fa riferimento ad un numero rilevante o generico di documenti ostacolando in tal modo la comprensione
della decisione. Questo perché la decisione impugnata non si limita a fare riferimento ad un numero
rilevante o generico di atti, bensì contiene un rinvio ad atti specifici che seguono la numerazione
indicata nell'indice degli atti.
In sunto, l'autorità inferiore non è incorsa
in un abuso o eccesso del proprio potere d'apprezzamento non avendo proceduto ad una traduzione
della decisione impugnata e degli atti delle inchieste preliminari. L'ordinamento giuridico non
dà alla ricorrente un diritto in tal senso e nemmeno un diritto all'ottenimento degli atti
preliminari per invio postale. Nel caso che ci riguarda si può partire dal presupposto che la ricorrente
è infine riuscita ad accedere alla versione degli atti inviati per via elettronica e a prendere
posizione a riguardo. Pertanto, la censura relativa ad una presunta violazione dell'art. 6 n. 3 CEDU,
dell'art. 29 Cost. e dell'art. 33a PA non solo è
tardiva e contraria ad una condotta processuale secondo il principio della buona fede, in quanto, sulla
base dell'incarto, risulta che la ricorrente ha confermato di aver accusato ricezione degli atti
preliminari e lasciato intendere mediante la sua presa di posizione a riguardo di averne compreso il
contenuto, ma è anche infondata.
10.
Infine,
la ricorrente rinvia alla sentenza del TAF nella causa A-2025/2007 del 20 marzo 2007 per giustificare
l'annullamento della decisione impugnata e il rinvio della causa all'autorità inferiore.
Tuttavia, il richiamo della ricorrente alla succitata sentenza
del TAF non è pertinente, trattandosi di una fattispecie diversa e non comparabile a quella in essere.
In quell'evenienza codesto Tribunale aveva riconosciuto una violazione del diritto di essere sentito
e rinviato la causa all'autorità inferiore in quanto la medesima aveva svolto l'audizione
del richiedente in una lingua ufficiale diversa da quella della decisione impugnata senza ch'egli
avesse dato il suo consenso. Giova comunque ricordare che nell'ambito dell'inchiesta delle
autorità di concorrenza il rappresentante della ricorrente ha potuto essere interrogato nella sua
lingua madre.
11.
La
ricorrente invoca una violazione del diritto di essere sentito adducendo inoltre che la COMCO ha impiegato
nove mesi per allestire e notificare le motivazioni della sua decisione del 29 giugno 2015, in confronto
ai trenta giorni oltre alle ferie pasquali che il ricorrente aveva a disposizione per il deposito del
suo gravame, ciò che non sarebbe sufficiente nemmeno per far tradurre le motivazioni da un traduttore
specializzato.
Sulla scorta dell'argomentazione della ricorrente
non è dato di vedere se e in che misura il suo diritto di essere sentito possa essere stato violato.
Semmai la questione potrebbe essere esaminata nell'ottica del diniego di giustizia formale e del
principio della parità di armi (art. 29 cpv. 1 Cost.). Né dagli elementi dell'incarto
e nemmeno dalle comparse inoltrate nella procedura di ricorso si evince che la ricorrente si sia rivolta
all'autorità inferiore al fine di sollecitare la motivazione della decisione impugnata. Conviene
inoltre rammentare che una durata maggiore della procedura in materia di concorrenza può essere
giustificata dal fatto che l'autorità inferiore è tenuta a trattare questioni complesse
di natura economica (cfr. sentenza del TF 2C_484/2010 del 29 giugno 2012 consid. 11) e ad accertare
la fattispecie d'ufficio, conformemente al principio inquisitorio vigente nella procedura amministrativa
in materia di cartelli. Peraltro va sottolineato che nel caso dei termini per inoltrare ricorso si tratta
di termini legali che non possono essere prorogati a piacimento, fatti salvi i disposti relativi alle
ferie giudiziarie. Ad ogni modo, avendo fatto uso della facoltà di prendere posizione sulla proposta
della Segreteria e sugli atti preliminari d'inchiesta e conoscendo il dispositivo della proposta,
è immaginabile che la ricorrente sapeva perlomeno cosa attendersi dalla motivazione della decisione
impugnata. Del resto, anche in altri campi giuridici non è inconsueto che il tempo necessario alla
motivazione di una decisione possa superare di parecchio tempo la durata del termine legale per depositare
un ricorso.
12.
Nei
procedimenti su ricorso è determinante la lingua della decisione impugnata (art. 33a
cpv. 2 prima frase PA). Se le parti utilizzano un'altra lingua ufficiale, il procedimento può
svolgersi in tale lingua (art. 33a cpv. 2 seconda frase PA).
12.1 L'art.
33a cpv. 2 prima frase PA statuisce che la lingua del procedimento
nelle procedure di ricorso si definisce, in principio, a seconda della lingua della decisione impugnata.
Tale principio è atto a garantire l'unitarietà della lingua del procedimento nel corso
di tutte le istanze fino alla liquidazione definitiva dell'affare (cfr. Uebersax,
op. cit. n. 17). Sostanzialmente non si deroga a tale principio, in particolare per ragioni di economia
di procedura, anche se le parti possono inoltrare un ricorso in una lingua ufficiale diversa da quella
della decisione impugnata (Egli, op. cit., n. 16 seg.). Tuttavia, l'art.
33 cpv. 2 seconda frase PA concede all'autorità di ricorso la possibilità di derogare
alla lingua della decisione impugnata se le parti si servono di un'altra lingua ufficiale. Siffatto
disposto conferisce all'autorità di ricorso un certo potere di apprezzamento (Egli,
op. cit. n. 22 seg.; Pfisterer, op. cit., n. 14, Uebersax,
op. cit., n. 4), in particolare se più parti si rivolgono singolarmente all'autorità
di ricorso con i propri gravami e se si potrebbe rivelare opportuna una congiunzione delle procedure
(Alfred Kölz/Isabelle Häner/Martin Bertschi, Verwaltungsverfahren
und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2013, n. 595; cfr. anche Uebersax,
op. cit., n. 21). Per la scelta della lingua sono importanti in particolare gli interessi delle parti,
la parità delle armi, ma anche l'economia processuale e il principio di celerità (DTAF
2008/31 consid. 7; Egli, op. cit., n. 23). Per prassi, nei procedimenti a
cui partecipano più parti, le parti che utilizzano la lingua della decisione impugnata devono manifestare
il proprio accordo a derogare alla regola principale secondo la quale la sentenza è redatta nella
lingua della decisione impugnata (cfr. DTAF 2008/31 consid. 7, sentenza del TAF B 1171/2007
del 3 giugno 2008 consid. 2, con rinvio alla decisione incidentale del 12 aprile 2007 nello stesso procedimento).
12.2 La decisione
avversata che ha posto fine all'inchiesta della COMCO è stata redatta in lingua tedesca. Contro
detta decisione sono insorte, oltre alla ricorrente, altre otto ditte, compresa l'associazione di categoria
dei rivenditori svizzeri specializzati (...). I ricorsi corrispondenti sono stati tutti depositati
in lingua tedesca, eccezion fatta per la ricorrente. Nel presente caso, una deroga al principio secondo
cui la sentenza è redatta nella lingua della decisione impugnata non può entrare in considerazione
per diversi motivi.
In primo luogo è probabile una congiunzione di tutte
le procedure di ricorso pendenti, la lingua della decisione impugnata è il tedesco e il tedesco
corrisponde alla lingua di cui si sono serviti, a prescindere dalla ricorrente, tutti gli altri insorgenti
nelle procedure parallele per stilare i rispettivi gravami. Tenuto conto che i procedimenti avviati in
lingua tedesca si trovano già in una fase avanzata, non essendo rilevante la questione della lingua
in tale ambito, si può ragionevolmente partire dal presupposto che la maggioranza dei ricorrenti
non sia disposta a dare il proprio assenso per derogare dalla regola di cui all'art. 33 cpv. 2
prima frase PA.
In secondo luogo, come si è visto nei considerandi
precedenti, vi sono buone ragioni di credere che la ricorrente, per il tramite del proprio patrocinatore,
sia in grado di comprendere il tedesco in quanto è riuscita, grazie a lui, a difendersi in maniera
adeguata e con cognizione di causa. Non va inoltre tralasciato che l'autorità inferiore dovrà
ancora pronunciarsi sugli argomenti di merito del ricorso. Pertanto, un motivo per derogare alla lingua
ufficiale della decisione impugnata non risulta dagli elementi all'incarto e nemmeno la ricorrente
riesce a dimostrarlo con le sue asserzioni.
Visto quanto precede, allo scopo di coordinare tutte le
procedure di ricorso pendenti contro la medesima decisione e ai fini di economia procedurale e del principio
di celerità, appare indicato stabilire il tedesco come lingua del procedimento nella procedura di
ricorso. Ciononostante, la ricorrente può continuare a partecipare al presente procedimento nella
lingua ufficiale di cui si è servita nel proprio ricorso, ovvero l'italiano.
13.
In
sintesi, l'autorità inferiore non è incorsa né in una violazione del diritto federale
(art. 29 Cost., art. 33a PA) e dell'art. 6 n. 3 CEDU, né
ha abusato o ecceduto nell'esercizio del potere d'apprezzamento laddove ha fissato il tedesco
quale lingua del procedimento in prima istanza e negato alla ricorrente di tradurre la proposta della
Segreteria in italiano, eccezion fatta per il dispositivo e la lettera d'accompagnamento. In tali
circostanze è dunque a giusto titolo che l'autorità inferiore non ha provveduto nemmeno alla
traduzione della decisione impugnata del 29 giugno 2015 / 17 marzo 2016 e degli atti preliminari ivi
menzionati. Le censure della ricorrente circa la violazione del diritto di essere sentito, dei principi
costituzionali della parità di trattamento e del divieto di discriminazione si rivelano dunque tutte
infondate e il ricorso va respinto, per quanto riferito alle conclusioni principali di carattere formale,
mentre le decisioni impugnate vanno confermate in questo punto.
Per la lingua del procedimento su ricorso vale il principio
della lingua impiegata nella decisione impugnata, quindi il tedesco, tanto più che né gli elementi
dell'incarto né le asserzioni della ricorrente riescono a dimostrare la sussistenza di ragioni
plausibili per derogare a tale principio.
14.
14.1 Visto l'esito
della procedura, per quanto attiene alle conclusioni di carattere formale presentate dalla ricorrente
in via principale sulle quali lo scrivente Tribunale si pronuncia mediante sentenza parziale, la ricorrente
risulta parte soccombente e deve sopportare le spese processuali (art. 63 cpv. 1 PA). Le spese di procedimento
dinanzi al Tribunale amministrativo federale comprendono la tassa di giustizia e i disborsi (art. 1 del
Regolamento del 21 febbraio 2008 sulle tasse e sulle spese ripetibili nelle cause dinanzi al Tribunale
amministrativo federale, [TS-TAF, RS 173.320.2]). La tassa di giustizia è calcolata in funzione
dell'ampiezza e della difficoltà della causa, del modo di condotta processuale e della situazione
finanziaria delle parti (art. 63 cpv. 4bis PA, art. 2 cpv. 1 frase 1 TS-TAF). Nelle cause con valore
pecuniario la tassa di giustizia è fissata a seconda del valore litigioso (art. 4 TS-TAF). In applicazione
di tali disposti, si giustifica fissare la tassa di giustizia ad un importo complessivo di fr. 3'000.-.
Tale importo è computato con l'anticipo spese versato di fr. 8'000.- e l'avanzo di fr.
5'000.- resta alla Cassa del Tribunale fino all'evasione completa della causa. In previsione
del proseguo del procedimento per quanto riguarda alle conclusioni eventuali lo scrivente Tribunale si
riserva la possibilità di richiedere alla ricorrente un ulteriore anticipo spese.
Per quanto riguarda l'esito della procedura riferita
alla sentenza parziale, alla ricorrente non spetta alcuna indennità a titolo di spese ripetibili
(art. 64 cpv. 3 PA).
14.2
Le
spese processuali derivanti dalla decisione incidentale riferita alla lingua del procedimento di ricorso
verranno definite con la decisione che pone fine al presente procedimento (art. 65 cpv. 1 PA).
15.
L'ulteriore
istruzione della causa in riguardo alle conclusioni eventuali seguirà in forma separata.
Contro la presente decisione (cifra 1 e 2) può essere interposto ricorso
in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, 1000 Losanna 14, entro un termine di 30 giorni
dalla sua notificazione (art. 82 e segg., 90 e segg. e 100 della legge sul Tribunale federale del 17
giugno 2005 [LTF, RS173.110]. Un ricorso può essere interposto contro la decisione incidentale (cifra
3), se essa può causare un pregiudizio irreparabile (art. 93 cpv. 1 LTF). Gli atti scritti
devono essere redatti in una lingua ufficiale, contenere le conclusioni, i motivi e l'indicazione
dei mezzi di prova ed essere firmati. La decisione impugnata e - se in possesso della parte ricorrente
- i documenti indicati come mezzi di prova devono essere allegati (art. 42 LTF).