Fatti:
A.
L'interessato,
ex-cittadino Jugoslavo di etnia albanese con ultimo domicilio a B._______ nell'allora Provincia
Socialista Autonoma del Kosovo, ha depositato una domanda d'asilo in Svizzera il 14 luglio del
1990.
B.
Con
decisione del 17 febbraio 1992, l'allora Ufficio federale dei rifugiati ha accolto la domanda del
richiedente, riconoscendolo come rifugiato e ponendolo al beneficio dell'asilo in Svizzera.
C.
Con
decreto d'accusa del 28 maggio 2013, il Ministero pubblico del cantone Ticino ha condannato l'interessato
ad una pena pecuniaria sospesa di 30 aliquote giornaliere di CHF 40 cadauna e ad una multa di CHF 100
per titolo di aggressione (art. 134 CP).
D.
Il
17 aprile 2014 quest'ultimo è stato parimenti ritenuto colpevole di tentata estorsione (art.
156 CP), violazione della sfera segreta o privata mediante apparecchi di presa d'immagini (art.
179quater CP) e di infrazione alla legge
federale sulle armi (in parte tentata) e condannato ad una pena detentiva di complessivi 2 anni e sei
mesi parzialmente sospesi.
E.
Con
scritto del 9 aprile 2015, la SEM ha prospettato all'interessato l'eventualità di procedere
ad una revoca dell'asilo ed al disconoscimento della qualità di rifugiato sulla base degli
art. 63 cpv. 1 lett. b e 63 cpv. 2 della legge sull'asilo (LAsi, RS 142.31) ed ha concesso
a quest'ultimo il diritto di essere sentito in merito.
F.
In
tale sede, il patrocinatore dell'interessato, dopo essersi legittimato ed aver richiesto la consultazione
degli atti, ha fatto valere, con osservazioni del 20 aprile 2015, che la condizione di particolare reprensibilità
di cui all'art. 63 cpv. 2 LAsi non sarebbe in specie stata data e che inoltre ai sensi dell'art.1
sezione C numero 5 della Convenzione del 28 luglio 1951 sullo statuto dei rifugiati [Convenzione sullo
statuto dei rifugiati; RS 0.142.30; di seguito: Convenzione], occorrerebbe che la cessazione delle circostanze
in base alle quali la persona è stata riconosciuta come rifugiato sia tale da escludere il rischio
di qualsiasi persecuzione politica futura.
G.
Successivamente
a ciò ed in applicazione dei succitati disposti, la SEM, con decisone dell'11 giugno 2015,
ha disconosciuto la qualità di rifugiato all'interessato pronunciando nel contempo la revoca
dell'asilo. L'autorità inferiore ha in particolare ritenuto che, conto tenuto dei cambiamenti
avvenuti in Kosovo, sarebbero venute meno le circostanze in base alle quali il ricorrente era stato riconosciuto
come rifugiato ai sensi dell'art. 1 sezione C numero. 5 della Convenzione. Inoltre la Svizzera
considererebbe il Kosovo quale paese sicuro. Altresì, il comportamento in Svizzera di A._______
e la condanna ad una pena detentiva di due anni e mezzo costituirebbe un motivo supplementare di revoca.
H.
Con
ricorso del 9 luglio 2015, l'interessato è insorto contro suddetta decisione. A suo dire,
il solo criterio legato alla severità della pena inflitta non basterebbe a giustificare il provvedimento
di revoca dell'asilo. Il primo reato di aggressione non sarebbe infatti un reato particolarmente
reprensibile ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 LAsi mentre per quanto riguarda la seconda condanna,
andrebbe ritenuto che anche la Corte di appello e di revisione penale avrebbe attestato che i fatti si
sarebbero svolti in un periodo di smarrimento. Quo al motivo di revoca basato sulla Convenzione, il ricorrente
sottolinea nuovamente che al fine di poter applicare l'art. 1 sezione C numero. 5 sarebbe necessario
escludere il rischio di persecuzioni future. Al fine di poter applicare tale clausola di cessazione occorrerebbe
pertanto stabilire se i cambiamenti avvenuti in Kosovo siano tali da escludere il rischio di qualsiasi
persecuzione politica. Ora, la SEM avrebbe omesso di effettuare accertamenti in questo senso sebbene
per invalsa giurisprudenza, l'applicazione della norma in questione non sarebbe possibile in completa
astrazione delle "cessate circostanze" dal punto di vista dei cambiamenti oggettivi nel Paese
in questione, ossia tralasciando una valutazione dell'eventuale significatività dei mutamenti
avvenuti - quali ad esempio la situazione generale del rispetto dei diritti umani e il rovesciamento
di un regime - al fine di accertare che la situazione che ha giustificato a suo tempo il riconoscimento
dello status di rifugiato non sussiste più e che ciò sia da considerarsi una modifica stabile
e durevole nel tempo. Del resto, la questione avrebbe un influsso sulla sua permanenza in Svizzera, vista
la scadenza del permesso di soggiorno.
I.
Con
decisione incidentale del 9 settembre 2015, il Tribunale, constatata l'assenza di motivi particolari
ai sensi dell'art. 63 cpv. 4 PA, ha invitato l'insorgente a versare un anticipo a copertura
delle presumibili spese processuali.
J.
Il
24 settembre 2015 l'insorgente ha tempestivamente corrisposto la somma richiesta.
K.
Esprimendosi
in sede di risposta, la SEM ha constatato, il 15 ottobre 2015, come il ricorso non contenesse alcun elemento
o mezzo di prova suscettibile di modificare la decisione impugnata.
L.
Con
replica del 30 novembre 2015, il ricorrente si è riconfermato nelle proprie conclusioni ricorsuali.
M.
Il
18 dicembre 2015 la SEM ha ribadito nuovamente le motivazioni della decisione dell'11 giugno 2015.
N.
Il
27 ottobre 2017, il Tribunale ha prospettato al ricorrente la possibilità di prendere in esame anche
l'art. 1 sezione C numero 3 della Convenzione sullo statuto dei rifugiati, concedendogli il diritto
di essere sentito in merito.
O.
A
tal riguardo, con scritto del 27 novembre 2017, il ricorrente ha comunicato di non aver acquisito alcuna
nuova cittadinanza.
Ulteriori fatti ed argomenti addotti dalle parti negli scritti verranno ripresi
nei considerandi
qualora risultino decisivi per l'esito della vertenza.
Diritto:
1.
Le
procedure in materia d'asilo sono rette dalla PA, dalla LTAF e dalla LTF, in quanto la legge sull'asilo
non preveda altrimenti (art. 6 LAsi). La presente procedura è retta dal diritto anteriore (cfr.
Disposizioni transitorie della modifica del 25 settembre 2015 cpv. 1). Fatta eccezione per le decisioni
previste all'art. 32 LTAF, il Tribunale, in virtù dell'art. 31 LTAF, giudica
i ricorsi contro le decisioni ai sensi dell'art. 5 PA prese dalle autorità menzionate
all'art. 33 LTAF. La SEM rientra tra dette autorità (art. 105 LAsi). L'atto
impugnato costituisce una decisione ai sensi dell'art. 5 PA.
Il ricorrente ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore, è particolarmente
toccato dalla decisione impugnata e vanta un interesse degno di protezione all'annullamento o alla
modificazione della stessa (art. 48 cpv. 1 lett. a-c PA).
Pertanto è legittimato ad aggravarsi contro di essa.
I requisiti relativi ai termini di ricorso (vart. 108
cpv. 1 LAsi), alla forma e al contenuto dell'atto di ricorso (art. 52 PA) sono soddisfatti.
Occorre pertanto entrare nel merito del ricorso.
2.
Con
ricorso al Tribunale, possono essere invocati la violazione del diritto federale e l'accertamento
inesatto o incompleto di fatti giuridicamente rilevanti (art. 106 cpv. 1 LAsi) . Il Tribunale
non è vincolato né dai motivi addotti (art. 62 cpv. 4 PA), né dalle considerazioni
giuridiche della decisione impugnata, né dalle argomentazioni delle parti (cfr. DTAF 2014/1 consid. 2).
3.
3.1. Nel
caso che ci occupa, A._______ ha risieduto a B._______ dalla nascita e sino al suo espatrio, avvenuto
il 13 luglio del 1990 (cfr. dossier N [...], audizione sulle generalità del 18 luglio 1990).
A quel tempo, B._______ era parte della Provincia Socialista Autonoma del Kosovo, regione a statuto speciale
della Repubblica Socialista di Serbia, a sua volta federata con le altre componenti della Repubblica
Socialista Federale di Jugoslavia (cfr. Treccani.it, enciclopedia on-line, Kosovo, consultato su http://www.treccani.it/enciclopedia/kosovo
il 05.04.2019). Si deve dunque partire dall'assunto che l'insorgente, al momento di lasciare
il proprio paese, era cittadino Jugoslavo. Ciò è del resto inequivocabilmente attestato, oltre
che dalle sue dichiarazioni, anche dalla carta d'identità versata agli atti rilasciata nel
1989 a C._______, Croazia (a quel tempo Repubblica Socialista di Croazia) a sua volta parte integrante
della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Tale documento permette infatti di determinare che
l'insorgente era a quel tempo cittadino Jugoslavo e proveniva dal Kosovo (cfr. carta d'identità
in originale nel dossier N [...]).
3.2. A
partire dal 28 settembre 1990, la Repubblica Socialista di Serbia è stata succeduta dalla Repubblica
di Serbia che, a seguito delle guerre balcaniche, ha costituito la colonna portante di ciò che rimaneva
della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (poi declinata in Repubblica Federale di Jugoslavia
e successivamente in Unione di Serbia e Montenegro). In tale contesto, il territorio del Kosovo è
rimasto formalmente parte integrante della Serbia sino alla sua indipendenza, dichiarata il 17 febbraio
2008. Già nel 1999, a seguito della guerra del Kosovo, il controllo della Provincia era però
de facto esercitata dalle Nazioni Unite in base alla risoluzione
1244 del Consiglio di sicurezza. Al 2019 l'autoproclamata Repubblica del Kosovo è stata formalmente
riconosciuta da 113 dei 193 membri dell'ONU, tra cui la Svizzera (cfr. per maggiori informazioni sentenza
del Tribunale C-1443/2010 del 18 novembre 2011, consid. 4).
4.
4.1. L'art.
155 cpv. 2 della Costituzione della Repubblica del Kosovo riconosce a tutti i cittadini della ex Repubblica
Federale di Jugoslavia ed ai loro discendenti diretti, che al 1° gennaio 1998 avevano il loro domicilio
abituale nell'attuale territorio del Kosovo, la cittadinanza kosovara senza riguardo al loro attuale
luogo di residenza ed all'eventuale acquisizione di ulteriori cittadinanze (cfr. sulla delimitazione
del territorio la Sezione 3 lett. a della UNMIK Regulation No. 2000/13). Lo stesso può parimenti
essere dedotto dalla Legge kosovara sulla cittadinanza del 31 luglio 2013 (Legge n° 04/L-215 del
31 luglio 2013; di seguito LKC), che ha rimpiazzato la precedente legge del 20 febbraio 2008 (Legge n°
03/L-034 del 20 febbraio 2008) e che precisa parimenti come la condizione della possessione della cittadinanza
Jugoslava debba essere presa in conto proprio al 1° gennaio 1998 e non a date ulteriori (cfr. sentenza
del Tribunale E-2749/2011 del 24 marzo 2015 consid. 6.1).
Per i membri della diaspora non risiedenti nell'attuale territorio del Kosovo al 1° gennaio
1998, la LKC, all'art. 16, prevede inoltre la possibilità di acquisire la cittadinanza senza
la necessità di sottostare alle condizioni previste per i casi ordinari di naturalizzazione. Le
sole esigenze poste dal disposto sono che l'interessato, regolarmente residente al di fuori del
territorio kosovaro, possa provare di essere nato in Kosovo e di avere legami economici e famigliari
con tale paese (cfr. sentenza E-2749/2011 consid. 6.3). Quest'ultima condizione, ossia il fatto
di avere legami economici e famigliari con il paese, non è tuttavia in alcun modo decisiva tanto
che può esserne fatta completa astrazione (cfr. sentenze del Tribunale
C-1443/2010
consid. 4.2.1 [confermata dal Tribunale federale nella sentenza 2C_36/2012 del 10 maggio 2012] e E-2749/2011
consid. 6.3). In buona sostanza, le persone che risiedevano all'estero già precedentemente
al 1° gennaio 1998 e dispongono di elementi atti a provare la loro origine, possono di principio
rivolgersi alla rappresentanza kosovara di competenza al fine di essere riconosciuti come cittadini della
Repubblica del Kosovo (cfr. Republic of Kosovo, Ministry of Foreign Affairs, Informations on consular
services for the diaspora, pt. 4: "[...] it is possible to apply to renounce or acquire Kosovo
citizenship through Diplomatic/Consular Missions of the Republic of Kosovo", consultato su
http://www.mfa-ks.net/en/sherbimet_konsullore/496/informata-mbi-shrbimet-konsullore-pr
-bashkatdhetart/496
il 5 aprile 2019). In tale ottica, essi avranno la facoltà di presentare un'ampia tipologia
di documenti quali ad esempio certificati di nascita o vecchie carte d'identità risalenti
all'epoca jugoslava (cfr. Consulate General of the Republic of Kosovo in New York, Request for
obtaining Citizenship, consultato su http://ambasada-ks.net/us/repository/docs/fitimshtetesia.pdf
il 5 aprile 2019). Qualora da un'analisi degli incarti dei registri dello stato civile risulti
un'iscrizione riguardante la persona interessata, nulla osta ad un celere svolgimento della procedura.
Le persone interessate hanno inoltre la facoltà di presentarsi direttamente alla frontiera del paese,
ove non potrà essergli negata l'entrata, facendo richiesta di riconoscimento in tale contesto.
Preventivamente, esse avranno altresì la possibilità di farsi rilasciare un documento di viaggio,
se del caso previa constatazione dell'iscrizione della loro nascita allo stato civile (cfr. Republic
of Kosovo, Embassy of the Republic of Kosovo in Berlin, Travel Documents, consultato su http://www.ambasada-ks.net/de/?page=2
,15
il 5 aprile 2019). In ogni caso, qualora gli interessati non dovessero risultare iscritti nella banca
dati centralizzata, potranno essere fatte brevi verifiche presso i registri locali. Ciò detto, quando
le premesse menzionate risultano riunite, si può a giusto titolo ritenere che si tratti di una procedura
automatica e non di una naturalizzazione. Il Kosovo era infatti precedentemente una provincia autonoma
della Repubblica Socialista di Serbia ed a livello federativo della stessa Jugoslavia. Per mezzo della
procedura esposta, lo Stato che si è succeduto su tale territorio, riconosce semplicemente la nazionalità
ai suoi cittadini che si sono recati all'estero nel contesto delle guerre balcaniche e che già
disponevano precedentemente della cittadinanza relativa a tale porzione territoriale, seppur formalmente
nella sua precedente accezione jugoslava.
5.
Tornando
al caso di specie, dagli atti all'inserto è possibile determinare che l'insorgente dispone
dei necessari presupposti per essere riconosciuto attualmente come cittadino kosovaro, quantomeno nell'ambito
di una procedura ai sensi dell'art. 16 LKC. Egli, regolarmente residente in Svizzera sin dai primi
anni 90, legittimandosi per il tramite della carta d'identità versata agli atti, potrà
provare la sua origine kosovara. L'esistenza di legami economici e famigliari non è inoltre
decisiva, per quanto in casu non si possa escludere ch'egli
adempia anche a tale condizione. Ciò detto, il ricorrente potrà far formalmente accertare la
sua cittadinanza kosovara, e ciò sia per via consolare che direttamente presso le autorità
del suo paese d'origine. Non essendovi dubbi quanto al luogo d'origine e conto tenuto delle
dichiarazioni dell'insorgente medesimo (cfr. dossier N [...], audizione sulle generalità
del 18 luglio 1990), si può inoltre partire dal presupposto che la sua nascita risulti tuttora iscritta,
se non nella banca dati centrale, quantomeno presso il registro del locale stato civile di D._______,
competente per la località di B._______, cosa che contribuirà ad una celere evasione della
pratica da parte delle autorità preposte.
Su tali presupposti, A._______ va considerato ex lege alla
stregua di un cittadino della Repubblica del Kosovo.
Poste le debite premesse, occorre ora valutare se il disconoscimento della qualità di rifugiato
sia in specie giustificato o meno.
6.
Giusta l'art. 63 cpv. 1 lett. b LAsi, la SEM revoca l'asilo o disconosce la qualità
di rifugiato per i motivi menzionati nell'articolo 1 sezione C numeri 1-6 della Convenzione. Si
tratta di motivi di revoca alternativi ed è sufficiente l'adempimento di uno di questi per
giustificare il disconoscimento (cfr. Andreas Zimmermann,
The 1951 Convention Relating to the Status of Refugees and its 1967 Protocol, New York 2011, pag. 485
e seg.).
6.1. Ai
termini del numero 5 di quest'ultima disposizione, "una persona non fruisce più della
presente Convenzione se, cessate le circostanze in base alle quali è stata riconosciuta come rifugiato,
essa non può continuare a rifiutare di domandare la protezione dello Stato di cui ha la cittadinanza".
Il senso di tale disposto risiede nel fatto che la protezione
internazionale accordata dalla Svizzera è sussidiaria alla protezione che deve essere accordata
dallo stato d'origine. Se quest'ultima può essere nuovamente reclamata e ottenuta, a
causa di una modifica sostanziale delle circostanze nello stato d'origine, la protezione internazionale
non ha in effetti più ragione di esistere e la qualità di rifugiato può essere ritirata
(cfr. sentenza del Tribunale E-2047/2011 del 15 gennaio 2013 consid. 2.2). Una tale risultanza presuppone
tuttavia che la persona interessata sia effettivamente titolare della cittadinanza in causa e che possa
conseguentemente reclamare la protezione del suo stato d'origine, la quale deve risultare accessibile
sotto l'aspetto pratico (cfr. Giurisprudenza ed informazioni della Commissione svizzera di ricorso
in materia d'asilo [GICRA] 1998 n° 15 consid. 9b). La cessazione della protezione è inoltre
da escludersi per i rifugiati che possono far valere, per rifiutare la protezione dello Stato di cui
possiedono la cittadinanza, motivi gravi fondati su persecuzioni anteriori (cfr. art. 1 sezione C cpv.
2 Convenzione).
6.2. Secondo
l'art. 1 sezione C numero 3 della Convenzione, la protezione convenzionale può inoltre essere
disconosciuta allorquando l'interessato acquista una nuova cittadinanza e fruisce della protezione
dello Stato di cui ha acquistato la cittadinanza. Per quanto attiene alla prima condizione, si pone il
quesito di sapere se l'attribuzione di una nuova cittadinanza implichi un atto volontario del rifugiato,
come è il caso per i motivi di revoca degli art. 1 sezione C numero 1, 2 e 4. Tale problematica,
già riconosciuta e dibattuta nell'ambito dei lavori preparatori della Convenzione, è
stato oggetto di disputa (cfr. A. Grahl-Madsen, The status of refugees in
international law, Leyden 1966, vol. I, pag. 395 e seg. e relativi riferimenti;
Hathaway/Foster,
The law of refugee status, 2a ed., Butterworths
2014, pag. 496 e seg. nonché relativi riferimenti) e va intesa nel senso che nel caso particolare
di dissoluzione di uno Stato e costituzione di nuove entità statali, l'acquisizione ex
lege della cittadinanza di una nuova entità in conformità del diritto internazionale
giustifichi di principio l'applicazione del motivo di revoca dell'art. 1 sezione C numero
3 Convenzione (cfr. GICRA 1998 n. 15 consid. 9a, poi confermata dalla più recente giurisprudenza
coordinata del Tribunale D-6063/2010 del 2 settembre 2014 consid. 5; si veda anche Hathaway/Foster,
op. cit. pag. 498, secondo i quali la dottrina maggioritaria rigetta la necessità di una componente
volitiva). Il secondo presupposto necessario all'applicazione dell'art. 1 sezione C numero
3 Convenzione è quello del godimento della protezione connessa all'acquisizione di una nuova
cittadinanza. In concreto, la persona interessata non deve trovarsi in una situazione tale da non potere
o non volere avvalersi della protezione dello Stato. Il non potere avvalersi si ricollega a circostanze
indipendenti dalla volontà del soggetto - quali guerra, guerra civile e violenza generalizzata -
mentre il non volere avvalersi va interpretato nel senso che la protezione può essere rifiutata
a causa di un fondato timore di persecuzioni (cfr. sentenza del Tribunale D-6063/2010 consid. 5; Manuale
sulle procedure e sui criteri per la determinazione dello statuto di rifugiato, ACNUR, Ginevra 1992,
par. 97 e seg; A. Benghé Loreti, Rifugiati e richiedenti asilo nell'area
europea, Padova 1990, pag. 33; Grahl-Madsen, op. cit., pag. 396). In altri
termini, la persona interessata deve avere la possibilità di recarsi nello Stato di cui ha acquistato
la nuova cittadinanza, deve potervi risiedere, deve essere tutelato contro la deportazione, l'espulsione
e più in generale poter godere di tutti i diritti e benefici legati alla cittadinanza, come l'emissione
di un passaporto (cfr. GICRA 1998 n. 15 consid. 9b).
6.3. Ciò
detto, si pone anzitutto la questione di sapere quale dei summenzionati casi di disconoscimento previsti
dalla Convenzione sia opportuno applicare. Nella decisione impugnata, l'autorità di prima
istanza si è fondata sull'art.1 sezione C numero 5 della Convenzione, ossia il mutamento delle
circostanze. Dal canto suo, il Tribunale ha altresì prospettato una valutazione anche sotto l'aspetto
dell'art. 1 sezione C numero 3 della Convenzione, riguardante i casi di acquisizione di una nuova
cittadinanza (cfr. supra lett. N, sulla nozione di sostituzione
dei motivi v. Moser/Beusch/Kneubühler, Prozessieren
vor dem Bundesverwaltungsgericht, Basilea 2013, no. 1.54). In buona sostanza, risulta decisivo determinare
se la cittadinanza della Repubblica del Kosovo vada considerata quale "nuova cittadinanza"
o se la stessa null'altro sia che un avvicendamento rispetto alla nazionalità che l'interessato
possedeva anteriormente alla successione di stati avvenuta in detto territorio. Va ricordato che il Tribunale,
in una pratica riguardante l'apolidia, ha già escluso che gli ex-cittadini Jugoslavi provenienti
dal Kosovo possano essere considerati apolidi (sentenza del Tribunale
C-1443/2010
consid. 4), cosa che, vista la successione di cittadinanze e non la perdita con successivo nuovo ottenimento,
lascia piuttosto propendere per un'applicazione dell'art.1 sezione C numero 5 della Convenzione.
Sennonché, la questione è in casu priva di portata concreta,
dal momento che l'applicazione di entrambe le disposizioni condurrebbe al medesimo esito.
6.4. Nell'ottica
di una valutazione alla luce dell'art. 1 sezione C numero 5 della Convenzione, è corretto
ritenere che le circostanze in Kosovo vadano effettivamente ritenute mutate. Il Tribunale, con la decisione
di principio del 30 gennaio 2015, pubblicata come sentenza di riferimento e di cui ai ruoli D-1213/2011,
ha concluso che in tale paese la situazione per le persone di etnia albanese si sia modificata in modo
sostanziale di modo che una revoca dell'asilo e della qualità di rifugiato basata sull'art.
63 cpv. 1 lett. b LAsi sia da considerarsi di principio giustificata. Questo Tribunale ha infatti ritenuto
che la situazione in Kosovo, seppur sia ancora caratterizza da alcune carenze in ambito di amministrazione
pubblica e da una certa debolezza economica, si sia stabilizzata e possa definirsi soddisfacente per
quanto concerne i principali indicatori da prendere in considerazione (sistema democratico, stato di
diritto e rispetto dei diritti umani). Ora, nonostante le considerazioni riportate nel gravame, non vi
è luogo di rimettere in discussione tale assunto che è da ritenersi tutt'ora attuale
(cfr. sentenze del Tribunale E-7416 del 20 aprile 2018 consid. 6.2, E-2749/2011 consid. 5.2). Non vi
è infatti al momento alcun rischio di persecuzione per le persone di etnia albanese. I mutamenti
nella situazione in essere nel paese possono inoltre essere considerati significativi e configurano una
modifica stabile e durevole delle circostanze. D'altro canto, la situazione personale dell'interessato
non giustifica una diversa valutazione del caso. I rischi di esposizione a pregiudizi da parte dell'apparato
statale in essere al momento della sua fuga dal paese non risultano infatti più attuali, dal momento
che le istituzioni serbe sono state soppiantate da quelle del nuovo stato indipendente. In specie, non
v'è dunque nemmeno ragione di riconoscere dei motivi gravi fondati su persecuzioni anteriori
ai sensi dell'art. 1 sezione C cpv. 2 Convenzione (cfr. sentenza E-2749/2011 consid. 5.3). Pertanto,
l'insorgente, che, come detto, può essere considerato cittadino
della Repubblica del Kosovo, è in misura di reclamare la protezione del suo paese. La stessa
risulta del resto anche pienamente accessibile sotto l'aspetto pratico.
6.5. Per
sovrabbondanza, v'è altresì da osservare che anche un'applicazione alternativa
dell'art. 1 sezione C n. 3 della Convenzione condurrebbe alla revoca della qualità di rifugiato.
La procedura di accertamento a cui il ricorrente può fare capo è, come detto, equiparabile
ad un'acquisizione ex lege di cittadinanza. Quanto al godimento
della protezione connessa alla stessa, occorre ammettere che, in assenza di una situazione di guerra,
guerra civile e violenza generalizzata nella Repubblica del Kosovo (cfr. sentenza D-1213/2011 consid.
6), non si possa ritenere l'esistenza di un ostacolo indipendente dalla volontà dell'insorgente.
Allo stesso modo, vista l'inattualità del rischio di persecuzioni da parte dell'apparato
statale in essere al momento dell'espatrio, quest'ultimo non è legittimato a rifiutare
la protezione offerta dalle attuali istituzioni attive nel paese.
7.
Pertanto,
le condizioni per il disconoscimento della qualità di rifugiato e per la revoca dell'asilo
sulla base dell'art. 63 cpv. 1 lett. b LAsi sono in specie adempiute. Su tali presupposti il Tribunale
può esimersi dall'esame del ben fondato dei motivi di revoca dell'asilo alternativi
ritenuti nel provvedimento avversato. Da ultimo, il Tribunale constata che le questioni attinenti alla
legislazione ordinaria sugli stranieri e segnatamente allo status del titolo di soggiorno dell'interessato
non sono oggetto della presente impugnativa e devono essere esaminate nell'ambito delle competenti
sedi cantonali.
8.
Ne
consegue che il ricorso non merita tutela e la decisione impugnata va confermata. La SEM con la decisione
impugnata non ha violato il diritto federale né abusato del suo potere d'apprezzamento ed
inoltre non ha accertato in modo inesatto o incompleto i fatti giuridicamente rilevanti (art. 106
cpv. 1 LAsi).
9.
Visto
l'esito della procedura, le spese processuali di CHF 600.-, che seguono la soccombenza, sono
poste a carico del ricorrente (art. 63 cpv. 1 e 5 PA nonché art. 3 lett. b del regolamento sulle
tasse e sulle spese ripetibili dinanzi al Tribunale amministrativo federale del 21 febbraio 2008 [TS-TAF,
RS 173.320.2]) e prelevate sull'anticipo spese versato il 24 settembre 2015.
(dispositivo alla pagina seguente)